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Action

Regia di Tinto Brass vedi scheda film

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La recensione su Action

di alan smithee
4 stelle

IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA 

Bruno Martel (Luc Merenda) è un attore di B movies con ambiziose aspirazioni verso un cinema d'autore che non lo coinvolge nemmeno di striscio. Su istigazione del suo agente, con cui la sua avvenente moglie fedifraga (Paola Senatore) intrattiene una relazione amorosa, gli consiglia di dedicarsi al cinema pornografico, nei cui confronti l'uomo dimostra una certa pertinenza fisica in grado di potersi distinguere al riguardo, e pertanto lo mette in contatto con uno stravagante regista, che lo invita a fare un provino. 

Da quel momento, per l'attore, sarà l'inizio di un viaggio onirico e sopra le righe, attraverso lande desolate o discariche, piuttosto che fatiscenti stazioni di servizio che lo renderanno partecipe di un percorso compiuto assieme ad alcuni soggetti derelitti ai margini di una società destinata ad una deriva, economica e dei sentimenti, oltre che dell'onestà intellettuale.

Giunto presso la pompa di benzina gestita dalla eccentrica Florence (Adriana Asti, l'unica davvero brava ed in parte), l'uomo verrà braccato ed eliminato come il re dei gangster da un apparato di polizia mobilitato oltre ogni verosimile necessità. 

Eccentrico lo è sempre stato Tinto Brass, e lo sarà sempre di più nelle opere successive; qui in Action il regista milanese si perde nel citazionismo più inutilmente fine a se stesso, impegnando il suo protagonista e gli eccentrici e spesso fastidiosi personaggi in cui si imbatte nel suo esagitato percorso di maturazione professionale, in un carosello squinternato e grottesco che non possiede nulla di poetico né tantomeno di potente dal punto di vista visivo e dei contenuti. Stravaganza da quattro soldi e spesso assolutamente fine a se stessa, anche se sotto sotto probabilmente mira a certe magie derelitte da circo felliniano degli eccessi e dell'opulenza o peggio ancor a certe derive da sbando teppistico in salsa sfrontatamente kubrickiana.

Luc Merenda recita non doppiato, ostentando un suo accento maccheronico e forzato che non aiuta a rendere più gradevole tutto l'indigesto percorso tra i rifiuti di una società che ritiene di potersi sbarazzare di ogni sua compagine ritenuta superflua o troppo imbarazzante per essere ricollocata verso nuovi sentieri e spunti di rinascita o ricollocazione. 

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