Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Quattro donne si agitano, si rincorrono e si sfuggono chiuse in una stanza: una bambina, le sue due sorelle maggiori e la Morte.
Una donna, in primo piano, a colori, spiega nei primi due minuti di questo cortometraggio cosa sta per accadere: assisteremo a una ‘recita senza parole’ architettata quasi per caso, per puro divertimento, dal regista Ingmar Bergman e dalla coreografa Donya Feuer durante le riprese de Il flauto magico, nel 1976. Si tratta di un balletto che vede protagoniste quattro donne: una bambina e tre adulte, una delle quali è la Morte, ma potrebbe essere anche, semplicemente, la più anziana di loro; qual è il senso? Sarà la stessa annunciatrice a svelarcelo alla fine della visione: Il ballo delle ingrate descrive la lotta per l’emancipazione femminile ai giorni nostri, con una nuova generazione più libera e spensierata che il mondo degli adulti cerca di responsabilizzare eccessivamente per trascinarla nei ruoli e nei costumi tradizionalmente imposti. Francamente, senza le parole dell’annunciatrice nulla sarebbe tanto chiaro: ma funzionano, hanno senso in effetti. Ciò che invece non si capisce è il motivo per cui a quel punto del lavoro Bergman abbia deciso di rimontare integralmente l’intero balletto (dieci minuti di durata) chiedendo allo spettatore di osservarlo nuovamente con la consapevolezza delle sue ragioni e delle sue finalità. Ma il Genio talvolta viene sormontato dalla sregolatezza, in fin dei conti. 6,5/10.
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