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The French Dispatch

Regia di Wes Anderson vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The French Dispatch

di yume
10 stelle

Un texano che ama l'Europa, noia e stanchezza senza di lui

locandina

The French Dispatch (2020): locandina

Un’introduzione, quattro capitoli e un epilogo. The French Dispatch è pronto per le stampe, articoli di ampiezza diversa, come è prassi di un giornale, anzi un magazine, The French Dispatch è il domenicale dei lettori del quotidiano Evening Sun.

Ennui-sur-Blasé è l’inesistente cittadina francese sede del giornale nata su due parole che segnano la catastrofe dell’umanità, noia e stanchezza.

Ma perché? Perché ne succedono tante, durante la settimana, la domenica ci si tira un po’ su con l’inserto culturale.

Purtroppo il fondatore del giornale Arthur Howitzer Jr. (nel film Bill Murray) è morto, le sue ultime volontà sono state di chiudere i battenti e mandare al macero le rotative.

E allora un omaggio, l’ultimo, dei suoi amati redattori.

I quattro migliori creano un bel réportage, ognuno col suo stile e creatività, l’importante è non piangere, lui odiava le lacrime.

E come i rassegnati cittadini di Ennui-sur-blasé anche noi leggiamo l’ultimo numero, e nel leggerlo mettiamo in moto l’eterno meccanismo che scatta quando leggiamo: diamo vita all’immaginazione.

Qui lo fa il cinema di un visionario alchimista dell’immagine, Wes Anderson, lo presenta in concorso al Festival di Cannes e in Italia lo distribuisce la Disney.

Bill Murray

The French Dispatch (2020): Bill Murray

Descrivere cosa succede in quei 107 minuti è cosa ardua, provate a immaginare quando una rivista di cultura storica e varia umanità ci racconta qualcosa. Leggiamo un pezzo, poi interrompiamo per i motivi più vari, riprendiamo, ma intanto qualche pagina si è sfogliata in avanti, ci piace, cominciamo a leggere ma, ohibò, avevamo lasciato indietro l’altro articolo, lo riprendiamo, ora passiamo al terzo, ah, no, il secondo non l’avevamo finito.

Insomma, qualcosa del genere, alla fine sappiamo tutto in maniera molto aggrovigliata, ma giusto così, quello che resta, che sale a galla e s’imprime nella memoria è ciò che conta, almeno per noi.

Poi la nostra “coscienza cosciente” provvederà a mettere ordine, noi siamo i cittadini normali, l’artista è quello che crea, e lì c’è libertà, una cosa che non riusciamo neanche a immaginare, noi pesciolini nella rete (idea presa da Montale, magari fosse mia!).

Dunque l’artista è Wes Anderson che inventa quattro storie vere e stralunate, vere perché parla di cose vere, che accadono o possono accadere, stralunate perché, come si diceva sopra, nella testa del lettore s’intrecciano, prendono vita, vanno e vengono, non esiste diacronia nella mente umana, è quel “guazzabuglio” di manzoniana memoria, che miracolosamente (per don Lisander era la mano di Dio, per altri altro) prende forma, colore e sostanza.

Cosa accade dunque nei quattro capitoli e un epilogo di The French Dispatch ?

locandina

The French Dispatch (2020): locandina

Uno fa un reportage in bici in giro per la città, unoracconta di un gallerista (Adrien Brody)  che ha scoperto un vero artista in prigione, (Benicio Del Toro) la cui modella ispiratrice è la guardia carceraria (Lea Seidoux) che dopo la seduta di nudo riveste la severa divisa. Segue il réportage sulle agitazioni studentesche del ’68, dove molto è lasciato all’approssimazione più strampalata fra spari, barricate, figure emergenti (Thimotée Chalamet) e réporter in vena di fare la scrittrice (Frances McDormand), infine non poteva mancare il thriller poliziesco con il caparbio commissario che risolve il caso del rapimento del proprio figlio.

Un cast eccezionale (segue lungo elenco di nomi: Bill Murray, Tilda Swinton, Adrien Brody, Benicio Del Toro, Timothée Chalamet, Léa Seydoux, Willem Dafoe, Owen Wilson e forse tralascio qualcuno ma il mitico ex Fonzie, Henry Winkle no, ben rivisto)

Benicio Del Toro, Léa Seydoux

The French Dispatch (2020): Benicio Del Toro, Léa Seydoux

locandina

The French Dispatch (2020): locandina

locandina

The French Dispatch (2020): locandina

Frances McDormand, Timothée Chalamet, Lyna Khoudri

The French Dispatch (2020): Frances McDormand, Timothée Chalamet, Lyna Khoudri

Trovate bislacche, animazioni, passaggi dal bianco e nero al colore, tableaux vivants e frammenti di teatro, un repertorio cinefilo, citazionista, ironico, onirico, ipnotico  e chi più ne ha più ne metta, tutto questo è The French Dispatch .

Il tutto spruzzato di un profumo vintage leggermente nostalgico, filtrato dall’amore per un cinema e una cultura passate di moda.

Infatti The French Dispatch è la copia del New Yorker, giornale che Anderson cominciò a leggere da bambino e non smise più.

La vecchia Europa che non c’è più torna anche lei, travasata dalla memoria del creatore sullo schermo digitale e perfetto, dove perfino le immagini sgranate smettono di esserlo.

Dal secondo dopoguerra al sessantotto possiamo dirlo? C’è tutto.

Godard e, Nouvelle Vague, pop rock e Francoise Hardy, Desplat che si scioglie spesso in lacrime (ma lo sapevamo), insomma un bel pezzo di storia che passa sulle pagine dell’ultimo magazine scritto dal texano che ama svisceratamente l’Europa.

Ora noia e stanchezza (ma anche indifferenza, la parola è polivalente) riprenderanno la loro strada a Ennui-sur-Blasé, la città che non c’è.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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