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Prigionieri dell'oceano

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Prigionieri dell'oceano

di Scotty
6 stelle

“I Prigionieri dell'oceano” (1943) si inserisce a pieno titolo tra i film di Hitchcock che possono fregiarsi del titolo di “opera anomala”. Hitchcock, infatti, nei suoi film non ha mai amato parlare di politica o affrontare quelli che, semplicisticamente, potremmo definire temi di carattere sociale. Tuttavia, era inevitabile che anche la sua opera risentisse di un contesto storico del tutto particolare, come quello della Seconda guerra mondiale. Gli eventi che in quegli anni stavano sconvolgendo il mondo non potevano, infatti, lasciare indifferente il suo genio artistico che in questo caso si è, per così dire, messo al servizio della Storia, senza peraltro rinunciare allo stile e alle invenzioni visive che hanno reso Hitchcock famoso in tutto il mondo.

Quel che ne è scaturito è un film straordinariamente claustrofobico, benché ambientato nello spazio aperto dell'oceano. Una nave americana viene infatti affondata da un sottomarino tedesco che a sua volta cola a picco. I pochi sopravvissuti si radunano su una scialuppa di salvataggio, sulla quale viene accolto, tra mille perplessità, anche un marinaio tedesco. Visto inizialmente con diffidenza, dopo che una tempesta mette a dura la piccola imbarcazione, i superstiti decidono di affidare proprio a lui il comando, nella convinzione che, marinaio di professione, sia l'unico ad avere le capacità di portare tutti in salvo. La fiducia, però, è mal riposta: il tedesco, infatti, fa man bassa delle provviste rimaste ed usa di nascosto la bussola per avvicinarsi alle navi tedesche. L'intervento di una nave americana segnerà il lieto fine dell'avventura.

I Prigionieri dell'Oceano è a tutti gli effetti un film di propaganda, benché sui generis. Hitchcock, infatti, come ebbe modo di confessare a Truffaut, avrebbe voluto dare il suo contributo alla causa, ma non poteva arruolarsi per ragioni di età e di fisico non propriamente atletico. Decise, pertanto, di far sentire la sua voce nella maniera a lui più congeniale: usando il cinema. Ecco il messaggio che Hitchcock ha voluto passare con questo suo film: “Abbiamo voluto mostrare che, in quel momento preciso, c'erano due forze l'una di fronte all'altra: le democrazie e il nazismo. Ora, le democrazie erano in uno stato di completa disorganizzazione mentre i tedeschi sapevano perfettamente dove volevano arrivare. Si trattava dunque di dire ai democratici che era assolutamente necessario che prendessero la decisione di unirsi e di mettere insieme le loro forze, lasciando da parte le divergenze e tutto ciò che li divideva per concentrarsi su un solo nemico, particolarmente forte per il suo spirito di unità e di decisione”. In effetti, i personaggi che abitano il film sono profondamente diversi tra loro. Dalla sofisticata giornalista interpretata da Tallulah Bankhead al macchinista John che mal sopporta la sua spocchia, dall'industriale di estrema destra all'ingegnere comunista, tutti dovranno mettere da parte le rispettive antipatie per unirsi contro il nemico comune, impersonato dal marinaio tedesco.

Nonostante le intenzioni lodevoli di Hitchcock, le critiche che accompagnarono l'uscita del film furono contrastanti. Se da un lato, molti critici compresero il messaggio di fondo della pellicola, altri ritenevano che la superiorità del tedesco, di fatto l'unico con le capacità di portare a termine la propria missione, fosse stata rappresentata in modo troppo evidente.

I Prigionieri dell'oceano non fu un successo commerciale. Del resto, come lo stesso Hitchcock ammise a Truffaut, non poteva esserlo per le stesse caratteristiche che lo hanno reso un capolavoro di tecnica cinematografica dell'epoca. Tutto il film, infatti, è ambientato nello spazio ristretto di una scialuppa di salvataggio ed è stato interamente girato in studio.

Una curiosità: ecco come Hitchcock descrisse a Truffaut l'esuberanza di Tallulah Bankhead: “Eccezionale. Siamo andati davvero d'accordo. Anche se con gli altri era piuttosto scorbutica. Se ne stava seduta su quella barca, guardando di traverso il povero Walter Slezak e dicendo: «Bastardo nazista che non sei altro...». Un giorno l'assistente alla regia venne da me e... Sa, avevo fatto costruire due o tre scialuppe come quella per Prigionieri dell'oceano... Insomma, l'aiuto regista venne da me e mi disse: «Le donne sul set si lamentano del fatto che la signorina Bankhead sale e scende dalla barca senza biancheria intima addosso». E io: «Be', e allora?». «Vorrebbero che io le andassi a parlare della cosa». «Se fossi in te eviterei. Ti coprirà di insulti». «Ma allora che faccio?». «Ah, non chiederlo a me, io non sono uno della Twentieth Century Fox: mi hanno solo preso in prestito. Perché non vai su da Zanuck? Chideilo a lui». Così fece, e quando tornò mi disse: «Zanuck dice che devo andare a parlarle». «Ripeto, fossi in te non lo farei: ti ridurrà a pezzettini». Era una donna davvero violenta. «Non credo rientri fra le tue mansioni». «E allora a chi mi dovrei rivolgere?». «Secondo me agli acconciatori o ai truccatori»”.

E per chiudere, il cameo! Pur se l'intera vicenda si svolge a bordo di una scialuppa di salvataggio, Hitchcock non poteva rinunciare alla sua celebre usanza. Questa volta, sfruttando gli effetti di una recente cura dimagrante, compare su di un giornale in veste di testimonial della medicina Reduco. Quando il genio non sa rinunciare a se stesso!

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