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Nido di vipere

Regia di Kim Yong-Hoon vedi scheda film

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La recensione su Nido di vipere

di barabbovich
6 stelle

Alla fiera dell'Est (siamo nella Corea del Sud) tanti soldi in un valigione un usciere trovò. E venne un doganiere che aveva un debito con un usuraio che mise paura all'usciere che tanti soldi in un valigione trovò. E venne un'entraîneuse che era la fidanzata del doganiere che aveva un debito con un usuraio che mise paura all'usciere che tanti soldi in un valigione trovò. E venne l'angelo della morte che fece una mezza carneficina, che sgozzò una prostituta che assoldò un cretino che uccise un uomo che non c'entrava niente pure se era pedofilo e tutti insieme a cercare i soldi contenuti in un valigione che nell'armadietto di una sauna un usciere trovò.
Salutato come l'astro nascente del nuovo cinema sudcoreano, sotto gli auspici del regista di Parasite Joon-Ho Bong, l'esordiente Kim Yong-Hoon - partendo dal romanzo omonimo del giallista nipponico Keisuke Sone - costruisce un film a incastri, giocando anche sulla diffrazione dei piani temporali, che nella struttura richiama l'Altman di America oggi e nell'estetica si avvicina al pulp di Tarantino e dei fratelli Coen, con un'inclinazione più contenuta al grandguignol. Tutto molto bello, direbbe Pizzul, se non fosse che la trama di questo apologo sull'avidità umana virata sul grottesco - nonostante il copione a orologeria - sia piuttosto trita, il doppiaggio italiano di livello amatoriale e le prove attoriali da rivedere.

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