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Romance

Regia di Catherine Breillat vedi scheda film

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EightAndHalf

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La recensione su Romance

di EightAndHalf
6 stelle

Un esperimento. Odi et amo, i burroni infiniti che stanno fra l'istinto e il sentimento, allo sguardo distaccato e brutalmente esplicito della scienziata Catherine Breillat. Il profondo e placido ritratto di una psiche e di una sessualità, alle prese con l'improvviso distacco che si viene a creare fra la mente e il corpo, l'amore/l'odio e le vibrazioni della carne, e il tentativo da parte della protagonista, una coraggiosa Caroline Ducey, di cercare di colmare questo divario tramite un sempre diverso approccio al sesso. L'esperimento umano della Breillat, che si estende da un capo all'altro della personalità della protagonista, passa da una serie di punti e di correllate dimostrazioni: il primo punto scruta la storia della protagonista e del suo fidanzato, e l'assenza del rapporto sessuale nella loro relazione (a causa di lui, non perché impotente ma perché impaurito "di potere smettere di amarla") causa in lei un vuoto non tanto dovuto a istinti brucianti e passionali, quanto alla consapevolezza, conformista e comune, che l'amore deve essere accompagnato dalla congiunzione carnale dei corpi. Appurata la distanza che il fidanzato crea nel minimo momento con cui lei cerca di avvicinarlo (e avvicinarsi al suo membro), la protagonista (anche con la Breillat) passa al secondo punto, un nuovo rapporto con uno sconosciuto, con cui l'approccio è mediato da una presentazione civile per passare, immediatamente, a un bacio e ai tanto adorati preliminari nella macchina. Con lui lei può testare la carnalità assente dalla sua vita, e affermare a un attimo dall'amplesso (solo di lui, a quanto sembra) che lei "non ama gli uomini che la posseggono, li detesta". La distanza non si è colmata, si è ampliata, perché come ha modo lei stessa di dire, è del suo fidanzato che lei è innamorata, gelosa, pazza. Ma il suo fidanzato è una figura inerte che il più delle volte si vede steso mezzo nudo sul letto a guardare la televisione o a leggere un libro, poiché "lui ama stare solo con se stesso". Anche consapevole, a questo punto, di quanto lei, dal canto suo, non riesca a tollerare se stessa perché appesantita da un corpo frustrato dalla mancata corrispondenza con i sentimenti, si affiderà ad ulteriori modalità relazionali, dalle più violente alle meno inusuali, fino a una visita medica che indica l'inizio di qualcosa di nuovo. Il suo corpo diventa, in quell'occasione, oggetto di studio, mera carne analizzabile, freddamente osservata. Il vero rischio di Romance (che, come dice il titolo, vuole raccontare, in fin dei conti, una storia d'amore) è di osservare i suoi personaggi come carne da analizzare, o come concetto astratto, fatto di intenzioni, di mete precise, di andamenti costanti e ripetuti, che non rendono la profonda ambiguità che il personaggio racconta ma non possiede. E' come se le intenzioni di analisi umana del suo personaggio cozzassero con la messa in scena, ostinatamente controllata e alla ricerca di asserti quasi definitivi se non in rare sequenze di grande efficacia, come il sogno finale della protagonista (un bordello in cui la parte superiore delle donne, insieme ai loro fidanzati, è separata da un muro dalla parte inferiore, che viene sollecitata dai clienti), affascinante quanto fin troppo esplicita e chiarificatrice rappresentazione della diatriba interiore della protagonista, e il finale, che perde completamente i caratteri fondamentali dello stile che la Breillat aveva fino a quel momento utilizzato e si lancia in un montaggio alternato molto dinamico e serrato (con accompagnamento musicale perfetto) che, insieme al sogno, salva l'opera tutta (stilisticamente più che tematicamente) dalla seriosità dilagante e divagante, non tanto una seriosa ed eccessiva letterarietà, quanto una contemplazione, a tratti compiaciuta a tratti funzionale, dei corpi, mai abbandonando un interessantissimo discorso metacinematografico che riprenderà nella prima buona metà di Anatomie de l'enfer. Un'opera monodirezionale fin troppo controllata razionalmente (e in questo senso troppo "intellettuale") per evocare istinto e sentimento, che rimangono sulla carta, distanti e inconcepibili, vitalmente incomprensibili.

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