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Banditi a Orgosolo

Regia di Vittorio De Seta vedi scheda film

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La recensione su Banditi a Orgosolo

di mm40
6 stelle

Dopo una nutrita serie di brevi documentari - girati negli anni '50 - sulla vita delle popolazioni povere nell'Italia insulare, ecco che De Seta esordisce nel lungometraggio a soggetto, ormai prossimo ai quaranta (classe 1923). Soggetto, sceneggiatura (insieme a Vera Gherarducci), montaggio (con Fernanda Papa), fotografia e regia: tutto di Vittorio De Seta, produzione compresa. La forza di questo Banditi a Orgosolo è quella degli scenari desolati di una Sardegna ostile, osservata in un laconico bianco e nero che esalta la passività della natura e dei personaggi che in questa natura si muovono, con una rassegnazione esacerbata dall'impassibile, quasi fatalmente irrimediabile e inevitabile stato delle cose. Ma a ben vedere tutto ciò è già stato ampiamente raccontato dal primo Germi, quello di film come In nome della legge o Il cammino della speranza, nei quali la terra in cui si consumava il dramma - completamente umano - della disperazione era quella siciliana; e come per In nome della legge, anche per questo Banditi a Orgosolo è rintracciabile una sottile linea western che percorre l'intera costruzione narrativa, anche se per una volta sono gli indiani i 'nostri eroi', i buoni per cui tenere, ovverosia la preda Michele e non i cacciatori-carabinieri. Evidenti i richiami al neorealismo nell'alta frequenza di esterni (come nel bianco e nero di cui sopra) e nel malessere che pervade l'intero sistema sociale trattato nella storia; anti-neorealisti potrebbero però definirsi i dialoghi, raffinati con cura in un italiano assolutamente comprensibile, con una punta appena di accento sardo (il che dà uno strano tocco di inverosimiglianza a tutta la pellicola) e, per quanto spesso sopraffatti dalle musiche di Valentino Bucchi, nella loro essenzialità piuttosto chiari e pregni di un linguaggio da pagina scritta. Opera pluripremiata, anche - fra i tanti riconoscimenti ottenuti - con il Nastro d'argento per la fotografia e riconosciuta come miglior opera prima a Venezia. 6,5/10.

Sulla trama

La latitanza di Michele, pastore sardo ingiustamente accusato di furto di bestiame e uccisione di un carabiniere. Esasperato e costretto a veder morire di stenti, nel corso della fuga, il suo gregge, Michele finisce per compiere realmente i due delitti di cui era accusato.

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