Regia di Florian Zeller vedi scheda film
CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917:THE FATHER
Meglio metterlo subito come premessa.
The Father è un film bellissimo, uno dei migliori film dell’anno.
E se ha portato a casa l’Oscar come Migliore Attore e Migliore Sceneggiatura non originale nell’anno che ha visto trionfare Nomandland da tutte le parti ne accerta ancora di più il valore dell’opera.
Io ho avuto la fortuna di vedere entrambi i film uno dopo l’altro in una sala cinematografica e la sensazione di soddisfazione e di meraviglia per i miei occhi è stata grande. Il miglior regalo per chi ama il cinema.
The Father è l’opera d’esordio di Florian Zeller che ha tratto dalla sua opera teatrale “Le Pere” e che in Italia è stata portata in scena da Alessandro Haber.
Ma nonostante questa premessa è un film molto cinematografico grazie a due elementi importanti che poi sono risultati fondamentali in sede di realizzazione finale e alla premiazione degli Oscar.
Christopher Hampton alla sceneggiatura e soprattutto un magnifico Anthony Hopkins che si è totalmente immedesimato nel personaggio che dà il titolo al film al punto tale che non solo si chiama Anthony ma che è addirittura nato il 31 Dicembre 1937. Metafisica Totale.
Quindi questo dramma in realtà di scarna ambientazione è riempito e arricchito dalla gara di bravura attoriale che vede coinvolti, tra l’altro, la bravissima Olivia Colman e l’ambiguo Rufus Sewell.
Ma la grande abilità del regista e di non farci capire mai dove siamo, cosa stiamo vedendo, siamo di fronte ad un dramma personale o ad un thriller dell’anima. E Mentre ci chiediamo queste cose siamo ormai dentro il labirinto.
Un Appartamento, un ingresso, una cucina, una sala, una camera da letto.
Una figlia che annuncia al padre che andrà a vivere a Parigi, un padre che non vuole una badante perché gli ruba il suo amato orologio, un compagno che diventa di volta in volta marito ed ex cambiando a seconda dello stato d’animo del protagonista sia il volto che l’abito.
Il tutto vedendolo sempre dal punto di vista di questo vecchio uomo che una volta è ingegnere e un’altra volta è un ballerino di Tip Tap e che ad ogni sua crisi resetta e ricomincia mandando in confusione lo spettatore.
Entriamo dentro il cervello del protagonista e tutte le volte che il meccanismo si ripete da un’angolatura diverse facciamo noi stessi uno sforzo di memoria. Quasi se ci mancasse quell’indizio determinante per capire quello che succede. Cosa è vero, cosa è finzione se non addirittura allucinazione.
E dentro questo contesto si esalta Anthony Hopkins e noi ci esaltiamo con lui.
Il suo cervello malato diventa il vero palcoscenico dove l’attore emerge in tutto il suo istrionismo e in tutto l’istrionismo che una malattia devastante come l’Alzheimer comporta.
95 minuti dove alterna pacatezza ed esagerazione, serietà e comicità, antipatia fino a prenderlo a schiaffi e una voglia di abbracciarlo così forte come se davanti avessi tuo padre, la forza di un grande uomo e la fragilità di un bambino che cerca la mamma per andare a casa sua.
A 83 anni Anthony Hopkins ci regala un’interpretazione quella si che rimarrà per sempre nella nostra memoria ed elevando un dramma da camera in grandissimo cinema.
Voto 9
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