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L'uomo che vendette la sua pelle

Regia di Kaouther Ben Hania vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che vendette la sua pelle

di Leman
8 stelle

La mercificazione del corpo e dell’animo dell’uomo come definitiva oppressione della sua libertà. ~ Venezia 2020: Sezione Orizzonti

Yahya Mahay

The Man Who Sold His Skin (2020): Yahya Mahay

La prima delle mie tre giornate al Festival del Cinema di Venezia non poteva iniziare meglio.

La regista tunisina Kaouther Ben Hania si era già fatta notare a Cannes nel 2017 con il film La Belle et la Meute. A tutt'oggi è uno dei pochi film arabi usciti negli ultimi anni ad avere avuto una distribuzione italiana. In quel film l'autrice esplorava la tematica della violenza sessuale, senza mai cadere nella retorica e con una messa in scena sempre all'altezza. La cosa più impressionante di quel film era l'enorme critica alla misoginia intrinseca nella società moderna. Il fatto che un poliziotto, un dottore o una persona qualsiasi potesse nascondere l'animo di un violentatore. Perché in una società in cui il corpo della donna viene sminuito e ridotto a un giocattolo ci sarà sempre strada spianata per chi vuole approfittare di esso.

Nella nuova opera della regista ritorna l'importanza del corpo, stavolta maschile, e della ricerca della tanto ardita libertà. 

Yahya Mahay, Dea Leane

The Man Who Sold His Skin (2020): Yahya Mahay, Dea Leane

Il contesto stavolta è quello dell'immigrazione e del mondo dell'arte. L'immigrato (Sam, interpretato da Yahya Mahayni) del film è in verità un anticonformista dallo spirito ribelle che è emigrato dalla Siria all'Europa per questioni di necessità, ma che in realtà desidera ardentemente di ritornare a casa dalla propria amata (la bellissima Dea Liane, il cui viso vi rimarrà impresso anche successivamente alla fine del film), sposata ormai con un ricco marito violento. In questo entra in gioco il mondo dell'arte rappresentato dall'artista (interpretato magnificamente dall'attore belga Koen de Bouw), che propone al giovane protagonista di diventare un'opera d'arte vivente. Sulla sua schiena sarà infatti tatuato un visto in grado di permettergli di viaggiare per l'Europa come se fosse una merce. Da questa premessa nasceranno poi proteste contro la dittatura in Siria, petizioni online, aste per i ricchi altolocati e mostre d'arte fotografate con luci post-moderne dove il corpo dell'uomo diventa l'opera d'arte da comprare e rivendere al miglior prezzo possibile. 
Sam come essere umano non ha alcun diritto di ritornare nella sua terra natia e di viaggiare per il mondo. Come merce invece può essere spedito ovunque siano presenti persone disposte a pagare per ammirare la sua schiena dipinta. La regista intende quindi denunciare attraverso un registro grottesco e a tratti satirico la mercificazione dell'immigrato, divenuto ormai merce di scambio al pari di un tappeto o di sacco di tuberi. 
Negando all'uomo la possibilità di governare il proprio corpo e le proprie azioni si toglie ad egli il libero arbitrio. E così la libertà, che dovrebbe essere il principio sulla quale si basa la vita dell'essere umano, viene meno in favore del guadagno di pochi.

 

Yahya Mahay, Monica Bellucci

The Man Who Sold His Skin (2020): Yahya Mahay, Monica Bellucci

All'interno del film è la beffa nei confronti del sistema a donare la libertà all'essere umano. Nelle scene dove la massa è presente assistiamo alla totale ipocrisia della società moderna, dove il pregiudizio è stato sostituito da una forma di totale alienamento del diverso, che all'interno del film perde d'umanità e di unicità. Il personaggio dell'artista in questo senso riesce perfettamente ad esplicare l'idea che le falle del sistema non possano essere sistemate senza un simbolo che le sveli. Sam diventa quindi il simbolo attraverso cui smascherare le ipocrisie e le menzogne della politica e della classe più agiata. 
Una classe più agiata che si preoccupa del prossimo solo per fini personali, ma che si lava le mani davanti ai problemi del migrante.
Il personaggio di Monica Bellucci (incapace come al solito, ma almeno in un ruolo più adatto a lei) rappresenta quindi il finto buonismo di una classe politica inefficiente, mentre la massa che ammira l'opera d'arte vivente nasconde nel proprio animo una tendenza intrinseca a discriminare chi 
si ritiene diverso o pericoloso. 

Kaouther Ben Hania

The Man Who Sold His Skin (2020): Kaouther Ben Hania

La regista si ispira per la costruzione della storia ai racconti delle Mille e una Notte, come si capisce perfettamente da un dialogo che rimanda al mito di Aladino.
La storia alla fine è più vicina a quella di una fiaba che di un vero racconto realistico sull'immigrazione. All'interno del film man mano che si va avanti si fa sempre più presente la critica satirica agli usi e costumi della società moderna, che viene dosata attraverso una comicità sempre pertinente e delle scene volutamente provocatorie che lasceranno la pelle d'oca allo spettatore, rivelando la falsità del mondo in cui egli vive. 
L'opera si chiuderà in maniera circolare, attraverso il simbolismo del gatto, l'animale per eccellenza simbolo della libertà. 
Di certo il finale sarà lieto e a tratti banale, ma la stoccata finale al sistema che aveva oppresso il protagonista chiuderà perfettamente la narrazione. 
Dopo la visione di questo film bellissimo non posso fare altro che complimentarmi con il cast di attori e con la regista, che ci hanno donato un'opera che di sicuro non mi dimenticherò facilmente.

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