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Pleasantville

Regia di Gary Ross vedi scheda film

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La recensione su Pleasantville

di LAMPUR
8 stelle

Gli anni cinquanta erano televisivamente in bianco e nero, e noi (ormai “vecchietti”) che vedevamo a colori solo fino al bordo del video, eravamo cosi tremendamente affascinati da quella vita nella scatola, da esserne magicamente contaminati fino a trasformare anche i nostri sogni in rigoroso bianco e nero,  al massimo sfumato di grigio e bianco sporco.

E qui la gran botta di genio di Ross che interagisce con  quello stato d'animo inquinando di colore a spruzzo  emozioni antiche, esponendocele in forma insensibilmente elementare, riducendole ad un grigio emozionale che appiattisce sentimenti e percezioni.

E seppur ovvia, l'iperbole del bianconero abbrutente, gioca di sponda col vivido contrasto che suscita in chi guarda, con noi spettatori ad affibbiare valenze multiple, anche a colori ovvi in un contesto di normale technicolor, e capita un po' come col cappottino rosso della bimba di Schindler's list, che si aggirava inquietantemente pigmentata nel magma decolorato della tragedia...

ecco la morale di Pleasantville: da appiattimento ad esplosione di vita.

Volutamente - in partenza -, sottoforma di bianconero elementare, senza alcun divario e con l'azzeramento di gradazione, inserito per di più in (auto)meccanismi di aridità totale.

Potremmo citare, in contrapposizione,  Angel-A dal cui sgargiante bianco e nero Besson tira fuori una Parigi sfavillante ed una storia intrecciata di sfumature micidiali.

Dobbiamo pensare a colori, dobbiamo scrollarci dall’omologazione televisiva, politica, sociale.

Questo il messaggio da cogliere tra le righe, anzi, più che altro tra le cromie.. ;)

 

 

 

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