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Dr. Akagi

Regia di Shohei Imamura vedi scheda film

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La recensione su Dr. Akagi

di FilmTv Rivista
8 stelle

Shohei Imamura ha settantatré anni e la vitalità e la fantasia di un giovanotto indipendente. Presentato l’anno scorso fuori concorso al festival di Cannes (dove Imamura aveva vinto nel 1997 la Palma d’oro con “L’anguilla”), “Il Dr. Akagi” è un film che riesce a coniugare un tema imponente e inquietante come quello della mutazione, della malattia e della distruzione con il ritmo e i toni surreali della commedia (quasi, o almeno a tratti, commedia slapstick) e con immagini folgoranti del desiderio, con la dolcezza che si libera improvvisa dal corpo di una ragazza che nuota sott’acqua. Il dottor Akagi, ossessionato da un’epidemia di epatite che devasta il fegato degli abitanti della sua città (che infatti lo hanno soprannominato “dottor fegato”), corre disperato attraverso tutto il film con l’affanno di una figurina da comica muta. Intorno a lui, un manipolo di “assistenti” scalcagnati: un chirurgo morfinomane, un bonzo pazzo e malridotto, una giovane prostituta generosa, un olandese evaso da un campo di prigionia giapponese, che lo aiuta a costruire con materiali di fortuna il microscopio con il quale analizzare il virus. Scarti del corpo sociale, derisi da tutti, sempre al limite della follia e dell’autodistruzione. Eppure sono i più umani che circolano nella cittadina affacciata sul mare, in Giappone nel 1945 (come avverte la didascalia che all’inizio del film precede la partenza di una missione di bombardieri americani che sconfina nella demenzialità alla “1941”). In un mondo che corre sull’orlo dell’abisso, la comunità del dottor Akagi ha una resistenza e una solidarietà paradossali e commoventi. E non è un caso che, quando l’abisso si spalanca, avvenga in poesia: nel finale, sul mare, la giovane prostituta innamorata del dottore arpiona una balena, viene trascinata sott’acqua, perde i pantaloni e, recuperata dal dottore, viene adagiata sul fondo della barca. E all’improvviso si alza all’orizzonte un enorme fungo infuocato, che prende la forma di un fegato. Bellissimo, mortale e ironico.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 18 del 1999

Autore: Emanuela Martini

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