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Contestazione generale

Regia di Luigi Zampa vedi scheda film

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La recensione su Contestazione generale

di lamettrie
8 stelle

Un buon film, per quanto circoli mutilato. Di fatto si vedono solo due episodi su tre: bello quello con Manfredi, ugualmente significativo ma molto meno scoppiettante quello con Sordi. Il pregio del film sta in questo, nella denuncia del cattocapitalismo: tramite due “novelle”, dall’andamento narrativo regolare, si ottiene uno scorcio sulla vita quotidiana italiana di allora, quella piena di tabù, in particolare dei due elementi più incisivi, e  in negativo, dell’educazione italiana: il capitalismo e il cattolicesimo. A suo modo è un film sessantottino, ma senza toni sguaiati. Zampa porta una contestazione  ragionata, e alla fine doverosa: la sua critica non fa una piega.

Il giudizio è parziale, perché è impossibile vedere il primo dei tre episodi, quello con Gassman, a quanto pare per colpa della censura. Idiota nel suo bigottismo la censura democristiana di allora e di sempre, ma ancor di meno si capisce perché oggi gli effetti negativi di quegli errori debbano persistere: lo si vede in tv ancora tagliato, 49 anni dopo.

Nel primo episodio si ride spesso. Manfredi recita benissimo la parte dell’uomo passivo, quasi cucita si misura per lui. Il vero protagonista è però l’industriale milanese, interpretato in modo egregio da Michel Simon. Tutti i luoghi comuni amati dai capitalisti, ben scritti purtroppo ad esempio dal Corriere della sera, che hanno vinto, per il male dell’Italia, riuscendo a superare quasi indenni la contestazione, ci sono: l’ignoranza nell’ammirazione acritica verso gli Usa, così come nella demonizzazione di tutte le richieste di riforma, genericamente raggruppate in modo rozzo sotto l’etichetta degli scansafatiche comunisti (non che l’accusa fosse completamente priva di fondamento, però; ma questa rozza incapacità di comprendere certe verità non può che rivelare la pochezza storica della classe dirigente capitalista italiana  e non solo, sotto il profilo morale e culturale più serio). La disonestà e la corruzione sono mostrate per quello che sono, mezzi indispensabili per fare soldi . L’umiliazione tipica dei rapporti gerarchici capitalistici (che poi sono quelli della disuguaglianza di sempre creata dai più ricchi) è mostrata con ironia ma anche inequivocabile evidenza.

Seppur troppo poetizzato e quindi reso astratto per via del ricorso ai pifferi,  risulta interessante e autentico lo scontro generazionale tra padri, ricchi ladri, e figli arrabbiati ma spesso solo a parole, poco inclini però a fare le scelte radicali che dovrebbero, talmente sono incoerentemente attaccati alla ricchezza paterna.

Nel secondo episodio si ride di meno, ma la sceneggiatura è ugualmente efficacissima, per come prepara il colpo di scena finale. In sintesi, il prete abbastanza serio vive di stenti e non fa carriera; quello ricco e falso (e quindi ben poco cristiano) invece fa carriera e si può mantenere l’amante. La gerarchia permette questo scandalo, affinché non emerga alcuno scandalo: punisce il più meritevole e incoraggia chi dovrebbe invece punire. La doverosa disillusione del prete- Sordi raggiunge l’apice quando vede che altri religiosi di altre chiese cristiane possono avere una famiglia, mentre i regolamenti interni alla Chiesa lo costringono a castrare una parte irrinunciabile di sé stesso, quello dei desideri sessuali, sentimentali e di paternità, così naturali, che è costretto a vedere soffocati. La sua scelta finale è serissima: di fatto, per essere un vero cristiano non può che chiedere di uscire dalla Chiesa cattolica, modificando in modo drastico tutta la vita sin lì condotta.

Sarebbe un film da non più di 7, ma gli do 8 per il coraggio: combattere il conformismo (e andando incontro agli problemi del caso, creati erroneamente dalle classi dirigenti), è uno dei pregi più necessari per un italiano, ed è molto raro. Zampa anche qui non si è tirato indietro, trovando i modi giusti per farlo

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