Regia di Terrence Malick vedi scheda film
Seconda Guerra Mondiale. Nella remota isola di Guadalcanal, il gruppo di fucilieri Charlie viene incaricato di stanare l’avamposto giapponese in cima a una collina. Dopo un’apparente calma piatta – il primo colpo viene sparato dopo 40’ – inizia la lunga e straziante conquista del crinale.
Ogni tanto, capita che qualche regista visionario ci regali un vero film sulla guerra. Era successo nel '87 con Kubrick. Dieci anni più tardi anche Malick ha il coraggio di spostare l'enfasi dall'azione all'uomo.
La compagnia di fucilieri Charlie è un flusso continuo di pensieri, angosce, orrore. La macchina da presa riesce a documentare lo scorrere frenetico dell'azione senza mai perdere di vista la tensione febbricitante dipinta sul volto dei soldati. Ad osservarli c'è una natura attonita, silenziosa, grandiosa. E il confronto tra questa e i corpi dilaniati è stridente, difficile non pensare che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo. La voce fuori campo del soldato Witt e dei suoi compagni - il continuo e angoscioso pensare da cui non possono sottrarsi in quanto esseri umani - sembra l'unica ancora di salvezza che li separa dal diventare delle belve.
Senza farlo apposta, Malick ha prodotto la risposta civile e umana a Salvate il soldato Ryan. E se Spielberg sembra quasi suggerirci che è nel sangue versato in guerra che si fonda l'unità di un popolo – quello americano, ovviamente – Malick scava disperatamente alla ricerca di barlumi di umanità in un'operazione che di razionale ha poco o nulla.
L'accoppiata Penn/Cavieziel è straordinariamente riuscita. L'interpretazione di sottrazione di Penn - fermo, sobrio, razionale - è complementare al carattere sognatore ed emotivo che Cavieziel è riuscito a dare al soldato Witt. Peccato per la carriera non proprio fortunata di quest’ultimo.
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