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La sottile linea rossa

Regia di Terrence Malick vedi scheda film

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La recensione su La sottile linea rossa

di Donapinto
4 stelle

Visto al cinema ai tempi della sua uscita (1998), LA SOTTILE LINEA ROSSA mi lascio' alquanto perplesso. Rivisto recentemente in televisione, il giudizio sostanzialmente non e' cambiato granché', anzi possiamo dire che le perplessità sono anche aumentate. Tratto dall'omonimo romanzo di James Jones, vero reduce della guerra nel Pacifico e già portato sul grande schermo da Andrew Morton nel 1964, la pellicola diretta da Terrence Malick si e' subito presentata permeata da un alone di mistero, vista l'assenza ventennale del regista dalle scene, dopo due importanti lavori diretti negli anni 70'. A contribuire al richiamo del grande pubblico, un cast imbottito di nomi prestigiosi del cinema hollywoodiano, anche per semplici camei. Film (per la mia opinione) alquanto sopravvalutato (come il suo regista d'altronde), dalla eccessiva lunga durata, ambizioso (o meglio, pretenzioso), introspettivo e dai tempi lenti e dilatatissimi. Malick sembra guardare al Coppola di APOCALYPSE NOW, scimiottandolo almeno in una scena, come quando il fanatico colonnello interpretato da Nick Nolte, non si sposta nemmeno di un centimetro per un'esplosione molto ravvicinata, imitando il maggiore interpretato da Robert Duvall nel film di Coppola. Purtroppo rispetto ad APOCALYPSE NOW, LA SOTTILE LINEA ROSSA e' privo di coinvolgimento e non trasmette alcuna empatia. Film con ambizioni mistiche e New Age, che ci mostra una splendida natura incontaminata (Guadalcanal, al largo dell'Australia) testimone del più grande crimine dell'umanità. Non mancano momenti surreali, come quando i marines che marciano incolonnati nella giungla, incrociano un'anziano aborigeno, per poi scadere in stucchevolissime immagini patinate e paradisiache degli indigeni e di una bella ragazza bionda, moglie di uno dei soldati, che chiede poi al marito per lettera Il divorzio: "Aiutami a lasciarti", e' l'assurda richiesta. Fuori luogo e scontati anche alcuni commenti e pensieri dei soldati: "Ho ucciso un'uomo. E' la cosa peggiore. Peggio dello stupro". O ancora: "La guerra non valorizza l'uomo, lo fa diventare una bestia rabbiosa". Suonano false anche le frasi durante l'attacco al campo giapponese, che imprecano contro questo male, chiedendo da dove sia nato. Del film restano alcune efficaci e coinvolgenti scene di combattimento e una bella fotografia che sfrutta (anche troppo) le splendide scenografie naturali. Francamente a me sembra veramente pochino, viste le notevoli premesse.

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