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La sottile linea rossa

Regia di Terrence Malick vedi scheda film

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La recensione su La sottile linea rossa

di ROTOTOM
8 stelle

La sottile linea rossa è quella che divide la vita dalla morte, il destino che tesse un'unica soglia e battezza chi deve stare al di qua o al di là di essa, chi deve stare al momento sbagliato nel posto sbagliato, un rintocco millimetrico di momenti e gesti così insignificanti nella loro accezione comune, ma che acquistano un valore fondamentale nella frenesia della battaglia. Sono così piccoli i destini degli uomini immersi nella grandiosità della natura, regolata in ogni sua forma dalla filosofia del ciclo vitale della morte che porta vita, da farli apparire piccoli, indifesi e sbigottiti di fronte alla percezione intellettuale del destino che si compie. Malik in La sottile linea rossa prende le distanze volutamente da tutti i film di guerra passati e disegna un apologo della vita e della morte sontuoso, poetico, una metafora del ciclo della vita immersa e annichilita dalla natura che assiste frusciante nell'erba, rigogliosa di creature in ogni suo stelo, popolata da uccelli i cieli, alla follia della guerra. Ogni morte porta con sè una fonte di vita, la natura ha nel suo dna questa regola, filosofia insita in ogni essere vivente e accettata come elemento inserito nella natura stessa. Non nell'uomo che porta negli occhi spaventati la consapevolezza della fine, senza nessun conforto se non legato alla memoria, agli amori, alle persone che lasciano indietro. Ecco, nell'uomo non c'è alcuna percezione del futuro, nella morte, nessuna nuova vita e nell'erba alta di quell'isola da espugnare, ottusamente, sembrano oggetti, sembrano alieni, sono solo corpi estranei aggiunti sucessivamente al contesto e nel quale non si sono mai inseriti. In questo film non ci sono nè eroi nè buoni nè cattivi, ci sono uomini con lo stesso terrore negli occhi, con lo stesso desiderio di uscire dall'inferno più vivi possibile. Un capitano rifiuta di consegnare al macello la sua compagnia di uomini tradendo gli ordini del suo colonnello e questo lo porterà a essere spedito via dal fronte, insime ai feriti, tacciato di non essere abbastanza duro. I destini si giocano sul numero di vite sacrificate, così le onorificenze, se ne andrà, il capitano, col conforto di non aver fatto attraversare la sottile linea rossa ai suoi, o almeno di averla ritardata un po'. Un soldato pacifista che sogna di tornare nella sua isola selvaggia, accettato dagli indigeni come uno di loro, si sacrifica per i suoi compagni deviando una truppa di nemici su di sè, sapendo che comunque la guerra, l'odio, la diffidenza aveva già inquinato irrimediabilmente il suo sogno di pace. Solo questi due personaggi, quindi riescono ad andare oltre la propria esistenza, vedendo nella morte (sociale, che sacrifica la propria carriera, per il capitano. Corporea per il soldato che salva la truppa)un futuro, una vita salvata, una rinascita. Il film è veramente di ampio respiro, scandito da momenti di quiete, di silenzi riempiti dai suoni della natura, sincopato dagli spari, le esplosioni, le urla delle battaglie che coprono il tutto in una nemesi agghiacciante e realmente coinvolgente. La regia di Malik è superba, mai compiaciuta o tentata dal colpo ad effetto, è nelle battaglie con i suoi soldati ma non ne spettacolarizza le azioni, li segue con la stessa paura, quasi, e con la stesso rispetto cattura le immagini dei nemici, i prigionieri laceri, sporchi, spaventati dalla morte tanto quanto loro. L'utima immagine, che chiude il film, è una distesa paludosa, calma, con un elmetto dal quale spunta una piccola pianta, il ciclo si è compiuto, dalla morte sorge una nuova vita, in un'altra forma. Tutti gli attori regalano una performance corale di grande valore, in quanto non c'è un protagonista vero e proprio, proprio perchè il protagonista non è l'uomo, in questo film, ma la sua funzione al cospetto del destino. Ottimi Harrelson, Penn, Caviezel, Nolte. Camei per Travolta e Clooney. Capolavoro assoluto del cinema, nominato a sette Oscar, giustamente non ne ha vinto nessuno, perchè visto il valore che l'Oscar attribuisce ai vincitori, sarebbe stato un insulto: infatti l'Oscar 1998 andò a Shakespeare in love e la regia a Salvate il soldato Ryan. E' tutto dire.

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