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Velvet Goldmine

Regia di Todd Haynes vedi scheda film

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La recensione su Velvet Goldmine

di Kurtisonic
7 stelle
Sulla stessa lunghezza d'onda dei suoi esordi, (Poison 1991)Todd Haynes ama mescolare stili diversi, che creano suggestioni, stimolano la creatività e liberano ricordi. Haynes ama anche la musica e Velvet Goldmine è un tributo ad essa, a ciò che ha significato quella del fine millennio scorso, e in che misura attraverso la sua penetrazione nel quotidiano e nell'immaginario dei giovani abbia descritto un vero e proprio manifesto sociale. Velvet Goldmine è un film incompiuto, sgrammaticato, senza una linea guida narrativa solida, è composto da frammenti presi dalla cronaca, dalle immagini dei concerti dei protagonisti, dai testi delle loro canzoni, dalle interviste ai pettegolezzi e confessioni di persone a loro legate ma che fondamentalmente facevano parte di una concezione di vita dal riscontro diretto e immediato che li univa ai profeti musicali del momento. Provocatoriamente Haynes prende in considerazione per il suo religioso tributo il periodo più discutibile e deleterio dell'epopea del rock. Nel mezzo degli anni 70 con le grandi band già in crisi di ispirazione avviate ad essere assorbite dal sistema e dai suoi lucrosi interessi, attraversava lo scenario musicale inglese la maschera più decadente e di facile mercificazione (e mistificazione) che preludeva ad una non ancora conclamata crisi inguaribile prossima a venire, che avrebbe modificato e trasformato lo spirito ribelle del tempo in favore di un consumo onnivoro dei simboli, di valori, di pulsioni canalizzate dalla controffensiva del controllo sociale. E' l'era del glam rock, dove la musica diventa secondaria all'immagine e di più facile ascolto, in favore di forme di apparenza esagerata tuttavia tollerate. Travestimenti, colori accesi, trucchi e maschere che sottolineano ambiguità esistenziale e sessuale, in una specie di periodo neo barocco popolare al quale seguirà nel 1977 la spada purificatrice e dissacrante del punk che azzererà tutta la musica precedente. La ricostruzione di Haynes passa dallo sguardo di Arthur, giornalista che dieci anni dopo ripercorre quegli anni ruggenti alla ricerca di un idolo di allora, Brian Slade, scomparso misteriosamente. La mescolanza di stili diversi è sintonizzata con lo sviluppo dell'azione di Arthur, con la sua forma mentis, egli prima di tutto (e come il regista) è stato ed è un seguace di quel momento storico e culturale, è un fan, e quello che andrà a ricomporre non potrà che essere parziale, artificioso mutilato o ingigantito nella abbagliante luminosità folle degli anni passati che comunque hanno contribuito a creare e a liberare ciò che egli è, oggi,  nella vita.

La storia che Arthur va a ritrovare, ricalca il rapporto che nella realtà legò David Bowie e Iggy Pop, nelle figure inventate di Brian Slade e Curt Wild, destinati a carriere molto differenti ma attratti indefinibilmente. Haynes dimostra di avere metabolizzato quel periodo che evidentemente ha determinato la sua formazione. Le esibizioni musicali di Slade e Wild diventano il vero racconto d'indagine, a cui Arthur assiste come testimone prescelto,la sua vita si edifica su quei momenti, gli unici che svelano davvero qualcosa dei protagonisti, esseri fragili, ribelli, anche ingenui ma soprattutto colmi di desiderio. La realtà musicale supera quella raccontata, sfiorando la riproduzione  di un monumentale videoclip, lo sguardo di Haynes inchioda i suoi protagonisti negli atteggiamenti, nelle smorfie dei loro volti, nelle contorsioni dei corpi, nel cammuffamento da mito perduto destinato all'autodistruzione o nella migliore delle ipotesi ad un eterno riciclaggio disinfettato. Cosa rimane ad Arthur di quell'epoca, idee e verità sconfessate, se non l'energia della gioventù, la debole purezza della libertà, un' ancora più flebile ricordo di illusoria partecipazione.  Eppure lui c'era, e non potrà mai fare a meno di sentirsene una microscopica parte. Interpreti all'altezza e personaggi a loro modo magnetici ci restituiscono un piccolo grande affresco magari rigato di rimmel e soffocato dal fondotinta, ma per citare la bella analisi di G.Castaldo sulla musica,"Il buio, il fuoco, il desiderio" ..la musica è finita ogni volta che qualcuno l'ha uccisa e ogni volta per questo è rinata. In quegli anni è successo, oggi forse no.

 

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