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Un altro giro

Regia di Thomas Vinterberg vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Un altro giro

di lucasPrevitali
10 stelle

L’ambiguità della dipendenza - Druk (Another Round)

 

L’uomo è nato con un deficit di alcol nel corpo dello 0,05%, mancanza che lo renderebbe meno attivo nelle relazioni sociali e in quelle psico-fisiche, meno creativo e meno rilassato. Questa è l’assurda teoria che sta alla base di Druk.

 

Un gruppo di amici, tutti insegnanti nello stesso ginnasio, discutendo appunto di questa teoria formulata da un famoso psichiatra decidono di provare a metterla in atto e di condurre uno studio a riguardo. Ovviamente questo porterà presto a una degenerazione nella dipendenza dall’alcol dei protagonisti, ma anche a un viaggio alla ricerca del ritrovamento di sé stessi.

 

Martin, interpretato da Mads Mikkelsen e principale protagonista del film, è un uomo sulla quarantina, con una moglie e una figlia, degli amici e un lavoro stabile, una vita all’apparenza piena e soddisfacente. Questa apparenza non è però sufficiente a renderlo felice. Sul lavoro infatti non riesce a stabilire il rapporto che vorrebbe con i propri studenti e in famiglia fatica a relazionarsi sia con la moglie che con la figlia. Le uniche interazioni sociali che sembrano funzionare sono quelle con i suoi amici, anch’essi insegnanti nella stessa scuola e generalmente nella sua situazione, insoddisfatti della propria vita anche se in superficie non sembrano esserci dei motivi per giustificare tale insoddisfazione. I quattro insegnanti sono intrappolati nella loro costrizione sociale, costretti a interpretare un ruolo che è quello che il mondo si aspetta da loro e che forse un tempo hanno scelto con convinzione, ma che ora li rende infelici.

 

Quello che vanno cercando è quell’insieme di sensazioni ormai perdute che gli darebbero una spinta vitale che manca da troppo tempo nelle loro vite, quelle sensazioni di giovinezza e spensieratezza che riescono a scorgere nei propri studenti, con i quali non riescono a interagire, forse proprio perché ingabbiati in questa condizione. Per provare a sovvertire le proprie vite i protagonisti decidono quindi di ricorrere all’alcol, dandosi inizialmente delle regole ferree da seguire per evitare il peggio, ma inevitabilmente il tutto sfuggirà presto di mano portandoli in una parabola discendente di autodistruzione.

 

La scelta di utilizzare l’alcol per aiutarsi nel ritrovare le emozioni e la passione di un tempo, nel superare i freni inibitori che impediscono loro di relazionarsi al meglio con gli altri è una scelta che non può che dare il largo a una serie di ambiguità che caratterizzano il film fino al finale. Perché se da una parte Martin e i suoi amici stanno proprio cercando di liberarsi dalle già citate imposizioni sociali alla ricerca di una vita di nuovo piena, dall’altra il fatto che per farlo utilizzino l’alcol è in qualche modo una scelta figlia di una società che non dà un’alternativa valida per aiutare le persone a superare dei momenti di difficoltà e di smarrimento. I protagonisti non hanno un’alternativa o se ce l’hanno sono ormai talmente imprigionati nella loro routine da non riuscire a trovarla.

 

Inizialmente l’esperimento sembra in realtà funzionare anche piuttosto bene. Sia Martin che i suoi colleghi riescono a migliorare la situazione negli ambienti di lavoro e in quelli famigliari. Anche la fotografia del film, che fino a quel momento appare spenta, a riflettere le vite dei protagonisti, inizia a farsi più accesa, più viva, proprio quando i quattro iniziano a bere. Quello che però sembra un miglioramento non è che l’inizio della dipendenza dall’alcol dei protagonisti. Decidono infatti di aumentare progressivamente la dose giornaliera di assunzione di alcol, mascherando il bisogno di averne sempre di più con la ricerca che stanno portando avanti sull’esperimento.

 

Le molte sfaccettature della dipendenza vengono fuori nel corso del film, che vede i quattro insegnanti sempre più a loro agio nella vita quotidiana, sempre più distanti dalla loro condizione iniziale man mano che aumentano il consumo di alcol, fino al punto che a prendere il sopravvento non è l’alcol stesso, fino a che non si ritrovano ad essere costantemente ubriachi. In quel momento infatti le vecchie problematiche riaffiorano e le relazioni che sembravano essere rivitalizzate non possono che ritornare al vecchio standard, se non peggio. Martin è infatti costretto a confrontarsi con la moglie, consapevole del suo alcolismo e ormai stanca della sua assenza, che lo lascia. Alla decisione di interrompere l’esperimento le vite dei protagonisti ripiombano nella triste insoddisfazione che pensavano di aver superato, la ritrovata passione per la vita era solo un miraggio dovuto all’uso dell’alcol.

 

Tommy, uno degli insegnanti, non riesce però a smettere di bere e muore in un incidente sulla sua barca. Al funerale i tre amici sono ormai rassegnati e non sembrano più interessati all’alcol, fino a che non vedono dei ragazzi, i loro studenti, festeggiare i diplomi al porto. Decidono quindi di unirsi alla festa, bevono di nuovo, e Martin si dà a una danza in mezzo a tutti i ragazzi.

 

Anche la scena finale è pregna di ambiguità e continua il discorso sulla dipendenza fatto dal film. Per tutto il corso del film Martin senza l’alcol è apparso un uomo privo di stimoli, spento, senza passione. La verità è che però è senza passione ad essere un uomo spento e che l’alcol fungeva da veicolo per risvegliare la passione. Non è un caso che all’inizio del film viene detto che la danza era una cosa che appassionava molto il protagonista ma che ora non riusciva più a fare. Ora Martin sta ballando in mezzo alla folla, finalmente felice, libero di essere chi vuole essere. Ma a quale prezzo ha ritrovato questa felicità, cosa ha dovuto sacrificare per riaccendere la fiamma della passione? Martin dopo aver smesso con l’alcol stava riprovando a ricucire i rapporti con la moglie, e durante il ballo per un momento da uno sguardo al telefono e legge un messaggio proprio della moglie, ma poi riprende a ballare. Il ballo finale significa per Martin aver trovato la chiave per vivere la propria vita senza compromessi. Non è chiaro se questa volta la passione sia effettivamente rinata o se dipenda ancora una volta dall’alcol, e il tuffo finale dal molo verso il mare è ancora una volta ambiguo.

 

“What a life” intona la canzone sulla quale balla Martin al molo, la vita nella quale si sta tuffando, perché il film si chiude con un fermo immagine che inquadra proprio il tuffo, a mezz’aria, a significare che probabilmente il viaggio del protagonista alla ricerca della passione per la vita non è ancora terminato. Ma probabilmente la passione che andava cercando nei posti sbagliati, sta proprio nella capacità di fare quel salto, nella speranza che non sia un salto nel vuoto.

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