Regia di Jacques Becker vedi scheda film
In uno sfasciacarrozze, una panoramica orizzontale da sinistra a destra si ferma su un uomo chino sul motore di una Deux Chevaux. L'uomo si volta e avanza verso la cinepresa. In piano medio, guardando in macchina, dice: "Buongiorno. Il mio amico Jacques Becker ha ricostruito in tutti i dettagli una storia vera. La mia. Accadde a Parigi nel 1947. Nella prigione della Santé". Questo il lapidario inizio di "Le trou". Adattando l'omonimo romanzo di Josè Giovanni (anche cosceneggiatore), Jacques Becker racconta, con una secchezza e una concentrazione stilistica semplicemente maestose, lo scavo di un tunnel per evadere dal carcere attraverso le fogne. Ma il tentativo di fuga diventa soltanto il pretesto per descrivere le alterazioni spaziali e temporali della prigionia e le conseguenti evoluzioni psicofisiche necessarie all'adattamento. E soprattutto diventa il banco di prova per la tenuta emotiva e l'analisi morale dei cinque personaggi (Geo, Roland, Manu, Monsignore e Gaspard) impegnati nella spossante impresa. Implacabile osservazione comportamentale e rigoroso studio dei caratteri si danno continuamente il cambio nella definizione di un universo ciecamente, ferocemente chiuso su se stesso, squassato dai colpi assordanti dei rudimentali arnesi di scavo. Al suo ultimo film, Becker prosciuga lo stile fino all'estremo, riducendo i dialoghi al minimo, eliminando qualsiasi commento musicale, distillando gli stacchi di montaggio e aderendo con disadorna, spoglia essenzialità ai corpi e agli sguardi degli attori. Ne scaturisce un film di stupefacente, assoluto controllo formale, in cui sguardo, narrazione, tempo e spazio sublimano in pura fenomenologia dell'evasione. Altezza Melville.
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