Regia di Damiano D'Innocenzo, Fabio D'Innocenzo vedi scheda film
Bruno (Elio Germano) vive in qualche sobborgo di Roma con la moglie e i figli dodicenni, è fermo con il lavoro e suscettibile a scatti d’ira incontrollati. I suoi contatti sociali prevedono la frequentazione di Amelio, il quale sprona il figlio appena adolescente ad avere rapporti sessuali con una ragazzina che gli gira intorno. I bambini assistono apparentemente inermi alle stravaganze e ai comportamenti mediocri e patetici dei loro genitori; fin quando decideranno di passare a una forma di pericolosa ribellione, fino a conseguenze a dir poco tragiche.
I registi e fratelli D’Innocenzo dipingono il ritratto di un’Italia borgatara e incolta che pur ancestrale e remota sembra specchio del tempo in cui viviamo. In una sostanziale immobilità dell’esistere l’attenzione si sposta su personaggi che, pur essendo genitori, non hanno evidentemente i mezzi e le capacità per ricoprire questo delicato ruolo. La loro colpa principale è di non riuscire a fare da filtro tra la vita reale e il mondo dell’infanzia, dove i loro figli ancora vivono. Non riescono insomma ad educarli, ad avvicinarli in maniera graduale alla realtà della vita adulta; anzi, i loro figli diventano solo valvola di sfogo per le frustrazioni accumulate e i desideri repressi. Cosicché questi genitori non riesco più a raccontare delle favole ma solo delle “favolacce” di cui essi stessi sono indiscutibili protagonisti.
I fratelli D’Innocenzo tessano le fila di un dramma nero, originale, ottimamente orchestrato, giustamente premiato al Festival di Berlino per la migliore sceneggiatura.
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