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Ultima notte a Soho

Regia di Edgar Wright vedi scheda film

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La recensione su Ultima notte a Soho

di steno79
7 stelle

Mio primo incontro con il cinema di Edgar Wright, molto sollecitato da amici cinefili che ne parlano come di uno dei registi di punta della nuova leva autoriale europea, "Ultima notte a Soho" è un oggetto filmico capace di suscitare reazioni appassionate (come quella straripante, magnifica nella sua dismisura di Cinenihilist nella sua recensione su Film tv), ma che a conti fatti ha incassato poco e ha lasciato perplessa buona parte della critica ufficiale alla sua presentazione fuori Concorso all'ultima Mostra di Venezia. Wright ci propone le disavventure di una giovane Ellie che arriva a Londra da una zona rurale per studiare moda e divenire stilista, mitizza nella sua mente la Swinging London anni '60 ma al tempo stesso inizia ad avere visioni dal passato come sua madre, una medium morta in tragiche circostanze, e finisce invischiata in un torbido intrigo che ha al centro la bionda Sandy, aspirante cantante e showgirl dei mitici Sixties che fu abusata dal suo pigmalione e risucchiata in un misterioso crescendo di violenza e omicidi. Wright sembrerebbe essere interessato a una cifra stilistica estremamente libera e personale, con una voluta contaminazione di generi anche piuttosto lontani fra di loro come il dramma psicologico, il musical, il thriller e infine l'horror, con evidenti omaggi al Polanski di "Repulsione", di cui riprende molto da vicino l'alienazione mentale della protagonista interpretata da una magnifica Catherine Deneuve, qui saggiamente parafrasata dalla giovane Thomasin Mackenzie, ma anche il ribaltamento di prospettiva finale de "L'uccello dalle piume di cristallo" di Dario Argento e i colori espressionisti e saturi de "La goccia d'acqua", il migliore episodio del trittico "I tre volti della paura" del maestro del B movie nostrano Mario Bava. Un regista assai cinefilo dunque, citazionista ma assolutamente lontano dal plagio poiché le citazioni sono inserite in un universo autonomo, gestito con sicuro talento a livello visivo e invenzioni figurative spesso sorprendenti, principalmente nella prima ora di proiezione che è la più coesa e compatta nel ritmo; è stato notato da più parti, invece, che la parte conclusiva corrispondente grossomodo agli ultimi 35/40 minuti tende ad eccedere un po' negli effetti, sovraccaricando il meccanismo realtà/allucinazione in maniera fin troppo meccanica con ripetute apparizioni dei fantasmi della psiche di Ellie, che poi si scoprirà essere vittime reali, realizzati con una Computer Grafica decisamente meno efficace rispetto alle mirabolanti invenzioni delle prime scene di flashback in cui Ellie si trova ad agire come "ospite" della realtà alternativa. E Wright sembra perdere la mano anche in altri dettagli neppure troppo secondari, dall'invadente presenza del corteggiatore di colore John, piazzato per dare un tocco di politically correct francamente non necessario, all'inserimento di false piste come il ruolo nella vicenda dell'anziano Terence Stamp (preferisco non spoilerare troppo, ma il contenuto della scena al pub fra lui ed Ellie, narrativamente importante, viene palesemente contraddetto dal colpo di scena che segue poco dopo, dando un'impressione di ridondanza che non aiuta). Sul colpo di scena finale con rivelazione dell'assassino e scioglimento della vicenda mi limito a dire che in un horror naturalmente ci può stare, ma che dopo tanta acqua passata sotto i ponti dell'horror non riesce davvero a turbare o a sconvolgere, risultando abbastanza "normale" nell'esecuzione e con qualche dubbio lasciato allo spettatore sulla logica di certe scelte narrative (l'assassino che si suicida in maniera fin troppo sbrigativa e plateale, quando ci si sarebbe aspettata ben altra reazione di violenza e follia fino all'ultimo, dati i suoi trascorsi). In definitiva molto buona la direzione del cast, con una Thomasin Mackenzie che si butta con coraggio nell'impresa e ne esce vincente, una Anya Taylor Joy che fa il suo doppio con la giusta carica di ambiguità e seduzione, e soprattutto il magnifico recupero di tre vecchie glorie del cinema anni Sessanta come Rita Tushingham, il grande Terence Stamp e una Diana Rigg purtroppo alla sua ultima performance che meriterebbe una nomination, come la meriterebbero la fotografia, la scenografia e i costumi. E un messaggio contro la mitizzazione acritica del passato da parte dei giovani e il rischio di rifugiarsi troppo in una dimensione alternativa che non può non risultare di grande attualità.

voto 7/10

Anya Taylor-Joy, Matt Smith

Ultima notte a Soho (2021): Anya Taylor-Joy, Matt Smith

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