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Il cattivo poeta

Regia di Gianluca Jodice vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su Il cattivo poeta

di George Smiley
8 stelle

"Il cattivo poeta" di Gianluca Jodice è un film dai toni crepuscolari e carichi di mestizia sulla figura del poeta-vate nei suoi ultimi anni di vita al Vittoriale. Messo sotto sorveglianza dal governo fascista, temuto per la sua indipendenza di pensiero e spregiudicatezza, fortemente contrario all'alleanza di Mussolini con Hitler, l'incontro con il federale Giovanni Comini è lo spunto per analizzare l'ambiguità del rapporto tra fascismo e pensiero dannunziano, termini niente affatto sovrapponibili, e scandagliare la crisi di coscienza di un giovane uomo di partito. Un film che oppone alla figura del duce come padrone violento e prepotente quella del "re-filosofo" e alla barbara e disumana violenza degli squadristi la pulsione vitalista e sensuale di D'Annunzio, con un grande Sergio Castellitto a dominare la scena. Il lungometraggio è intriso di nostalgia per un passato di imprese e fama ormai sfumate e di senso di colpa per un presente che ha trasformato un ideale di bellezza e ardimento in una grottesca rappresentazione di tirannia e mediocrità ("Quel che oggi sembra grandezza non è che prepotenza", afferma D'Annunzio/Castellitto, "Di ogni idea bella se ne realizza sempre una versione più cupa"). Questo dualismo tra ciò che sarebbe potuto essere e ciò che malauguratamente è stato realizzato è la molla che fa scattare la  crisi esistenziale del giovane Comini (un discreto Francesco Patané): ragazzo cresciuto nel mito sia del duce che di D'Annunzio, pienamente e quasi inconsapevolmente inserito sin da bambino nella macchina del regime, frequentando assiduamente il poeta con l'incarico di spiarlo si renderà sempre più conto della mistificazione della realtà operata dal totalitarismo fascista e dell'orrore che si è insinuato in profondità nel tessuto sociale italiano, al punto da renderlo un estraneo da temere persino agli occhi dei propri genitori e della propria ragazza. E sarà proprio l'amicizia nata con il Vate a spalancargli gli occhi sulla mostruosità dell'apparato di cui fa parte, spingendolo a rinnegare gli ideali inculcatigli sin dall'infanzia e ad aiutare D'Annunzio nel tentativo di opporsi all'infausta alleanza italo-germanica, nella quale quest'ultimo scorse con anticipo la rovina a cui l'Italia andava inconsapevolmente incontro ("Non sapevamo quel che eravamo, non sapevamo quel che volevamo... Ed ecco che sappiamo quel che siamo e quel che vogliamo"). La bella fotografia di Daniele Ciprì sottolinea l'alone di impersonalità e inquietante conformismo che aleggia nei luoghi del potere fascista, mentre ci concede scorci di decadente bellezza tra le stanze e i parchi del Vittoriale. Con una regia sobria ma decisamente elegante, Gianluca Jodice dipinge un ritratto del grande poeta mostrando lati poco noti della sua personalità e al contempo restituisce un'immagine spietatamente vera di quegli anni bui nella storia del nostro Paese.

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