Regia di Gianluca Jodice vedi scheda film
“Finché sei poeta non ti attende rovina”. Questa massima calzava a pennello al Vate D’Annunzio, poeta ed eroe di guerra, scrittore e politico anomalo – governatore di Fiume per quindici mesi. Eppure dal 1936 al 1938 egli venne “consumato” dal regime amico fascista. Il dente cariato da riempire d’oro che Mussolini teneva sotto controllo perché, fin dall’apparizione sulla scena internazionale nel 1933, aveva una pessima considerazione del ridicolo nibelungo Hitler. Figurarsi la imminente alleanza con la Germania che scaverà la fossa al regime, a Mussolini, all’Italia.
Il regista autore Gianluca Jodice sposa la tesi dello storico Guerri, secondo cui la fine del poeta sarebbe stata accelerata dall’abuso di medicinali e cocaina somministrati da Emy Heufler, detta la caporale, infermiera tuttofare che poi finì alla corte del nazismo e proprio per questo sospettata di essere una spia. Forse non andò esattamente così, perché D’Annunzio era realmente afflitto da vari disturbi (va anche detto che la tesi sostenuta da Guerri è stata smontata da un altro storico, Serra). Sta di fatto che “Il cattivo poeta” fa perno su questa versione e mette al centro della storia la figura del federale Comini, il quale su incarico del segretario del PNF Starace ebbe il compito di sorvegliare il comandante per carpire gli umori antigermanici. Il giovane, oltre che restare affascinato dalla personalità dello scrittore del “Notturno”, subirà una serie di tracolli che mineranno la cieca obbedienza al fascismo. In funzione della svolta personale di Comini, il film suddiviso in 4 capitoli ha nei primi 2 un taglio illustrativo delle due vite che si incrociano all’ombra del Vittoriale: il tempio-museo-teatro del ritiro Dannunziano. Un taglio, anche vagamente sibaritico ed evocativo. Negli ultimi due capitoli (Disobbedienza e Buio) prevale la consapevolezza della fine, da un lato delle illusioni politiche e sentimentali, dall’altra del poeta soldato. I toni - prevalentemente crepuscolari, autunnali e polverosi degli interni - riflettono gli stati d’animo personali; quelli nostalgici invece affiorano per la sottovalutata impresa di Fiume lodata dalla vestale ormai dimessa Luisa Baccara; le frecciate del vate al furbo e scopiazzatore Duce. Quest’ultimo appare nell’incontro fugace e superficiale alla stazione di Verona in tutta la sua aurea di mito irraggiungibile e macchietta insieme. Il discorso di D’Annunzio ai legionari fiumani è particolarmente significativo, soprattutto grazie all’interpretazione che ne dà Sergio Castellitto: austero, sconfitto e angosciato.
“Il cattivo poeta”, pur avendo una confezione classica, ha i suoi lampi di forza nel messaggio sottilmente antifascista che emerge nella vicenda Comini, nella chiaroveggenza Dannunziana, nell’utilizzo originale del Vittoriale e nelle interpretazioni figurativamente perfette e sostanzialmente aderenti di Tommaso Ragno (l’architetto Meroni), Lidia Liberman, Elena Bucci e così via.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta