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Festen

Regia di Thomas Vinterberg vedi scheda film

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La recensione su Festen

di Peppe Comune
8 stelle

In una bellissima tenuta di campagna si festeggiano i sessant'anni del patriarca Helge Klingenfeldt (Henning Moritzen), magnate dell'acciaio. Accorrono proprio tutti al gran banchetto, parenti e amici, per quello che vorrebbe essere l'inizio di una nuova giovinezza per la famiglia. Ma al momento di un brindisi propiziatorio, quando prende la parola Christian (Ulrich Thomsen), il primogenito, il clima di allegra giovialità cambia del tutto.

 

 

Sin dal suo incedere iniziale il film, che come si ricorda dai titoli di testa tiene fede ai principi del "Dogma 95"(niente artifici dunque) ideati da un gruppo di cineasti scandinavi capeggiati da Lars Von Trier, ci da subito ad intendere che non si tratterà propriamente di una serena riunione di famiglia. Insomma, si capisce subito che "c'è del marcio in Danimarca" e una bella tavola imbandita con ottimo cibo e bevande di gran classe sono quanto di meglio possa esserci per farlo emergere in tutta la sua virulenza, di disincagliarlo dai meandri del perbenismo borghese in cui era rimasto camuffato per anni. Al banchetto viene servito un regolamento di conti in salsa piccante e la macchina da presa di Vinterberg si muove come trasportata dalle onde tra i rancori che, tra un brindisi e l'altro, prendono la forma di una spirale di odio che non risparmia proprio nessuno. Intanto, mentre i cerimonieri cercano di edulcorare tutto e a rimettere ogni volta la festa nei canali a loro più congeniali, nelle cucine i domestici caldeggiano la rivolta e fanno quanto è loro possibile per fomentarla. Sembra l'inizio della rivoluzione in quella casa lussureggiante dove i massoni xenofobi cominciano a non credere più alla forza del loro corporativismo e nei ranghi bassi si coglie l'occasione per prendersi qualche rivincita. "Festen" gioca con gli strumenti tipici della commedia per arrivare a un dramma familiare di grande amarezza e arriva a distruggere l'impalcatura su cui si regge la vita ipocrita di una influente famiglia danese con un linguaggio tanto sincero quanto smodatamente scostumato. Buon film e buon contributo di Vinterberg alla causa del "Dogma 95" che, pur non mancando di dare adito a più di un dubbio sulla veridicità della sua portata rivoluzionaria, ha certamente prodotto dell'ottimo cinema (con Von Trier soprattutto) e vivificato di nuova linfa il cinema nord'europeo.

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