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Il conformista

Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film

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La recensione su Il conformista

di Texano98
9 stelle

Se il Novecento di Bertolucci era un affresco dell'Italia a cavallo del fascismo e della Resistenza, Il conformista ci porta con la sua durata (molto!) più ridotta nelle stanze metafisiche del fascismo, fin dentro la mente di alcuni dei suoi attori più interessanti; la scelta di Bertolucci di posare lo sguardo sui servizi segreti fascisti - originalissima - diviene ancora più interessante per il suo mantenere alcuni strascichi del cinema di genere innestandoli però su un'opera che è fondamentalmente drammatica e dal linguaggio elevato, un linguaggio che molti definirebbero autoriale. E la mano dell'autore parmense si sente prepotentemente: le cicatrici di un sesso morboso, lo sguardo impietoso sugli istinti umani, la visione classista della società contrapposta a un fascino per il mondo borghese e i suoi vezzi - Bertolucci, difatti di estrazione borghese, è l'intellettuale di sinistra per eccellenza (se volessimo essere sprezzanti potremmo definirlo d'apparato) ma senz'altro i suoi occhi hanno una sincerità e una spontaneità che pochi altri autori possono vantare.
Rivolgo a me stesso un dubbio che sembra cogliere molti guardando alla forma e alla sostanza di quest'opera; in questo film si percepiscono solo le meravigliose immagini di Vittorio Storaro? Attenzione! La fotografia è meravigliosa ed è difficile immaginare questo film o Ultimo tango a Parigi con un altro accostamento di luci, ma non accorgersi della sceneggiatura orchestrata da Bertolucci sarebbe un crimine. Il nostro protagonista prima ancora che fascista è un misantropo che vive con difficoltà il rapporto con gli altri, tanto che il suo unico amico è un cieco e la sua compagna è una donna ingenua che mai coglierà i pensieri cupi del proprio marito; egli vorrebbe bruciare il mondo, o forse perdersi in un limbo senza ritorno, e non è il suo essere fascista a renderlo abietto ma il contrario: egli sarebbe stato un mostro anche oggi, al nostro fianco. Bertolucci osserva con distacco la solitaria traversata del nostro protagonista - qui la netta differenza con i film del contemporaneo Elio Petri, il quale si esibiva con uno stile ugualmente virtuoso (seppur più sporco) ma restando sempre visceralmente al fianco dei propri protagonisti - infatti l'unico momento in cui il regista sembra abbandonarsi all'ingenuità è quando Marcello e Giulia si baciano sul treno diretto a Parigi, concedendo allo spettatore (e al protagonista) uno sprazzo di gioia, lasciando vivere la purezza di un'emozione che poi verrà tradita, allontanando per alcuni istanti attori e spettatori dalla miseria umana che l'autore sta rappresentato.
Grazie alla durata concisa Bertolucci attua una meticolosa messa in scena, ideando un fluire di sguardi e movimenti che serrano lo spettatore allo schermo, trascinandolo in un grande vortice che cattura perfino l'inconscio. La sensibilità con cui il regista riesce a incastonare i dilemmi del protagonista è unica, irridendo peraltro le ipocrite tesi etiche del fascismo; quel fratello minore al quale il cinema ha sempre preferito il nazismo come emblema del male assoluto e che invece Bertolucci riuscirà a criticare ineccepibilmente con quest'opera e ancor più con il successivo Novecento: il fascista delle sue opere non insegue Indiana Jones, il fascismo rappresentato da Bertolucci è terrificante perché trasudante dal cuore di uomini realmente vissuti. 
Il conformista è l'opera radicale di un grande autore, uno dei vertici del cinema italiano di tutti i tempi.

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