Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Un bel film, utile per capire gli italiani. La sceneggiatura è basata sul romanzo di Moravia, e quindi è di per sé di alto livello. Il film ne è all’altezza, soprattutto per questi aspetti: una scenografia strepitosa, specialmente per gli interni di età fascista, splendidi; i costumi, che riproducono alla perfezione la moda dell’epoca; la fotografia; il montaggio; la colonna sonora; la recitazione, gestita benissimo dal regista Bertolucci, che tecnicamente qui firma un’opera già ineccepibile, nonostante non avesse neanche trent’anni. In tal senso, è esteticamente esemplare la resa dell’assassinio della coppia di antifascisti in montagna.
Viene resa benissimo l’aria malsana dell’esistenza in Moravia, per: il pessimismo; quel grigiore sotto cui covano le passioni di cui vergognarsi per averle consumate; il senso di colpa moralistico legato alla censura della sessualità operata dal cattolicesimo, che serve solo da morale di parata, accettabile socialmente, buono per sostituire la propria morale, che non si ha il coraggio e la statura di crearsi.
I borghesi come malati per eccellenza, incastonati dentro una vita che li fa soffrire ma che offre loro le comode alternative al fine di non dover scegliere con coraggio nella vita, e al fine quindi di adeguarsi facilmente ai bisogni della classe dirigente e ai cliché che essa impone per il quieto vivere di chi li accetta: questo è forse la summa del senso moraviano della borghesia, dell’italianità e del fascismo che Bertolucci è riuscito felicemente a rappresentare.
La scelta di essere dalla parte del fascismo viene mostrata per quel che storicamente è stata, cioè quella squallida scelta di: opportunismo all’italiana; individualismo egoistico completamente privo di morale; adesione puramente esteriore, in conflitto con i propri principi etici che però vengono sotterrati volentieri, dato che in cambio si ha la tranquillità economica.
Quel film poi faceva breccia, anche in modo commerciale ma comunque senza la benché minima volgarità, sul nascente libertinismo sessantottino, e per questi motivi: il lesbismo; l’accenno alla pederastia (che qui viene condannata, ma che prima non si poteva nemmeno citare); la freschezza e la parziale libertà della Parigi del fronte popolare, cuore dell’antifascismo in quegli anni, contrapposta al grigiore, alla falsità, al servilismo, al “conformismo”, appunto, dell’Italia di allora: tipica del fascismo, ma molto probabilmente tipica dell’Italia di sempre, almeno da tantissimi secoli ad oggi.
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