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La confessione

Regia di Costa-Gavras vedi scheda film

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La recensione su La confessione

di fratellicapone
9 stelle

Un film duro, angosciante, violento e claustrofobico che riporta indietro nel tempo quando le ideologie si confrontavano in maniera netta e i paesi erano schierati o con il capitalismo o con il comunismo. Chi, come me, ha una certa età ricorda come i regimi comunisti erano visti come un modello dai giovani occidentali ma poi si sono rivelati essere sanguinari e oppressivi e tesi all’annullamento dell’individuo (Stalin, Mao, Pol Pot ecc).

Siamo negli anni sessanta in un paese del blocco sovietico e un vice ministro (Yves Montand) è sempre pedinato da una grossa macchina con a bordo vari uomini che lo seguono dappertutto. Pur essendo un autorevole membro dello Stato con accesso ai suoi vertici nessuno sa o vuole spiegargli chi abbia ordinato tutto questo. Il vice ministro è arrestato con un’azione violenta senza alcun mandato, la sua casa sarà perquisita alla ricerca non si sa di che, e poi rinchiuso in un carcere, o meglio, nei sotterranei di un carcere. La reclusione in condizioni disumane e il meccanismo inquisitorio che si mette in modo, inesorabilmente per accertare e trovare le prove per le accuse di spionaggio che gli saranno contestate, è la storia di tutto il film, da cui il titolo l’Aveu che è stato mantenuto, fortunatamente, nella versione italiana con La Confessione.

Gli accusatori sono dei torturatori che con un meccanismo ripetitivo e maniacale distruggono la resistenza dell’imputato. Celle sotterranee fredde e umide, obbligo di camminare continuamente nella cella sotto stretta sorveglianza, privazione del sonno con obbligo di stare supini sul tavolaccio, rumori assordanti continui, privazione del cibo e dell’acqua. Continui interrogatori violenti e ripetuti, esibizione di prove inesistenti alla fine otterranno la Confessione che è l’unico mezzo per provare le inesistenti accuse. La demolizione della persona è un vero e proprio metodo scientifico condotto da volenterosi aguzzini nel nome del Partito che si erge come un’entità metafisica, al di sopra dello Stato e dei suoi organi ufficiali, e che può tutto su tutti. Il vice ministro viene accusato di essere un trotskista che passava informazioni all’occidente, accusa non sostenibile nemmeno da un punto di vista logico. Il meccanismo inquisitorio è gestito con pervicace e subdola maestria da un funzionario (un ottimo Gabriele Ferzetti) che fa firmare all’accusato quello che vuole lui anche falsificando le sue dichiarazioni.

Al limite della pantomima si svolge il processo. Gli imputati imparano a memoria quello che devono dire, così come deciso dal funzionario inquisitore, e lo diranno davanti alla corte in un processo brevissimo e trasmesso per radio ma la trasmissione sarebe stata subito interrotta se gli imputati avessero detto cose diverse da quelle concordate. Il processo è quasi comico nella sua tragicità e fa venire in mente, in un regime completamente opposto, i processi di Freisler.

Da evidenziare come anche la moglie, in questo delirio collettivo, si convinca sentendo per radio le dichiarazioni del marito, della sua colpevolezza. Il processo si condlude con la condanna a morte di più e con il carcere per altri. Il vice ministro finirà in carcere e sarà riabilitato alla vigilia dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia.

Originale dei rimandi temporali nel film che intrecciano il presente con il passato e viceversa.

Un ottimo film figlio dei tempi in cui fu fatto ma sempre di grande attualità perché il passato non muore mai.

 

Film visto in lingua originale, con sottotitoli, nella rassegna dell'Institut Francais di Palermo.

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