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A Sun

Regia di Mong-Hong Chung vedi scheda film

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La recensione su A Sun

di michemar
8 stelle

Qual è la cosa più giusta del mondo? La cosa più giusta del mondo è il sole. A qualsiasi latitudine, qualsiasi posto sulla terra in un anno riceve la stessa quantità di luce e buio. Pochi giorni fa siamo andati allo zoo, il sole ardeva, era troppo forte per gli animali e si erano nascosti tutti nell’ombra. Ho provato un sentimento vago.

 

“Prima di tutto complimenti a chi è passato: con questa nuova patente comincerà una nuova vita per voi. Potrete chiedere ai genitori i soldi per comprare un'auto e chi finora ha guidato senza patente potrà finalmente avere i soldi per comprare un'auto. Chi finora ha guidato senza patente potrà finalmente fare le corse senza paura di essere fermato. A chi non ha passato l'esame dico di non essere triste. La vita è piena di difficoltà. Un mese fa ho assistito al funerale di mio figlio e anch'io ho dovuto farmi forza per tornare al lavoro. Nella vita bisogna saper cogliere l'attimo e scegliere la propria strada. Le cose dolorose prima o poi passano e vengono dimenticate. Ho sempre pensato che la vita fosse come una strada: basta tenere le mani salde sul volante, fermarsi con il rosso, passare senza accelerare quando è verde e guidare con calma, perché la vita scorre via liscia. Se siete stati bocciati ricordate cos'è che avete sbagliato e cercate di correggervi. Mio figlio è morto perché non ho saputo ascoltarlo. E se anche lo avessi fatto forse non l'avrei preso sul serio e alla fine è andata così.”

Cogli l'attimo. Scegli la tua strada.

(È lo slogan pubblicitario che campeggia davanti alla scuola guida “Il porto del drago” dove avviene la scena)

 

Le parole di Wen, alla fine del corso e dopo gli esami di patente, ai clienti dell’autoscuola dove lavora da molti anni come istruttore, sono un incoraggiamento morale per la vita che affronteranno come automobilisti ma anche come persona nel mondo civile e nella società. Non è che Wen sia sempre così loquace oratore, anzi è un tipo silenzioso e introverso, ma l’esperienza che sta attraversando lo sta condizionando tantissimo, fino a diventare più cupo del solito. E così il suo discorso di commiato diventa un panegirico di natura sociale. È sposato con una parrucchiera, Qin, donna di carattere che tiene assieme la famiglia, è il padre di A-Haoe A-Ho, due figli che più diversi non possono essere. È intorno a loro due che gira la trama: il primo è un volenteroso e intelligente studente di medicina, forse più che altro per far contento il padre che sogna – come tutti i genitori - un futuro radioso per i figli. È delicato, generoso, premuroso pur se parco di gesti e di esternazione dei sentimenti, come è normale nella cultura orientale, ove conta di più l’affetto che la sua dimostrazione. Il secondogenito invece è quello che dà molta preoccupazione alla famiglia. Non è istintivamente cattivo o violento, ma le amicizie e le situazioni che si trova a vivere lo portano ai bordi della stretta via della vita e si trova coinvolto in un raid punitivo verso un altro ragazzo, organizzato con un amico, questo sì, scapestrato e con pochi scrupoli. 

 

 

I due genitori, che hanno sempre cercato di educare i due figli in nome dell’onestà e della disciplina, sono sconvolti perché il loro A-Hoviene condannato dal tribunale, per quell’azione violenta, ad 3 anni di detenzione presso il carcere minorile. Sconvolti loro, stravolto lui, che ovviamente viene accolto come da tradizione nella cella in cui deve scontare la pena: violenze fisiche e sottomissioni morali dalle gangs che imperversano nella prigione. Lui sa tener testa e lo fortifica, pronto quindi per quando uscirà in libertà, dove troverà, tra l’altro, anche una moglie ancora liceale e un bimbo che ha procreato prima di essere condannato. Nel frattempo, la famiglia subisce un colpo ancor più grave, allorquando il figlio maggiore, che aveva allacciato una relazione con una collega studentessa, sensibile ed educata quanto lui, decide inopinatamente e inaspettatamente di togliere il disturbo e di suicidarsi, lasciando come sua abitudine la camera in perfetto ordine. Un gesto che Wen e Qin non comprenderanno mai, soprattutto il padre che comincia ad accorgersi quanto sia difficile per lui guardare meglio e capire di più i figli, proprio come sta succedendo con l’altro che è in carcere. Figlio che ha voluto dimenticare e mettere da parte lontano dai suoi pensieri. Come e cosa fare per riavvicinarsi? Come e cosa fare per capire di più i figli, dal momento che più ci si allontana da loro peggio si possono guidare verso il loro futuro? Saprà essere più vicino a A-Ho per impedirgli di commettere altri gravi errori, che poi si pagano caramente? Ma soprattutto, lui è disposto a fare proprio tutto? Evidentemente sì, e come che lo farà, lasciando ancor più sgomenta la bravissima moglie, donna sempre pronta a barcamenarsi tra padre e figli, ad intermediare e ad ammorbidire le asprezze e le frastagliature tra gli uomini di casa. In fondo, il gesto clamoroso di Wen sarà come la più eclatante dichiarazione che ci si può attendere da un padre per aiutare un figlio. Il massimo.

 

 

Il meraviglioso film di Chung Mong-hong, autore sicuramente importante della nuova onda taiwanese, dipinge con grande arte una storia altamente e continuamente drammatica nel genere familiare e sociale, di rieducazione non solo penale ma anche sociologica, dando la giusta ed inoppugnabile importanza delle scelte di vita e di formazione, scelte che danno in modo inevitabile sfogo alle conseguenze di ognuno di noi, nell’ambito delle nostre relazioni umane. Non è un film costruito solo su una trama, ma basato soprattutto su una lezione di civiltà e di attenzioni mentali verso chi ci sta accanto e sulle possibilità che la vita offre ad ognuno di noi. È una regia follemente precisa, puntuale, a momenti lirica, che richiede il suo tempo, mai accelerando o stringendo i tempi di narrazione. Chung Mong-hong tiene il suo passo, perché i sentimenti esposti, le reazioni (im)previste, la maturazione dei caratteri nella crescita morale hanno bisogno di tempo. È per questo che il film dura due ora e mezza. E non ci annoia mai. E non ci accorgiamo della durata. Una regia sempre controllata, mai sfuggita di mano, dire quasi tetragona per la sua sicurezza ma che nello stesso tempo è leggera e poetica, a tratti lirica. Ogni inquadratura è precisa e significativa, dice qualcosa che dobbiamo saper cogliere, nulla è lasciato al caso. Gli attori sembrano a pieno agio nei ruoli affidati ma una spanna sopra gli altri è Chen Yi-wen nei panni di A-Wen, il padre ossessionato dal figlio ribelle e difficile da educare ma a cui vuol evidentemente bene, mascherandosi dietro la severità e i modi bruschi di chi vuol reprimere i propri sentimenti. Quel fisico magro, dall’andatura incerta, quel viso irregolare dalla fronte alta sono messaggi fisiognomici dell’animo irrequieto e sofferto alla ricerca della soluzione che porti via le preoccupazioni che vi abitano da troppo tempo. Sono i segni dei sogni di un padre non realizzati. Ma oltre, oltre tutti c’è un’attrice meravigliosa, Samantha Ko, la madre coraggio, la donna che si mette sulle spalle tutti i rancori, i dissidi, le infelicità dei singoli, le incomprensioni, che si carica addosso la famiglia intera e la spinge avanti, rimanendo smarrita e incredula solo davanti al gesto confessato dal marito. Samantha Ko è talmente brava che non so spiegarmi perché non sia stata impiegata altre volte anche dal cinema occidentale: un’attrice semplicemente stupefacente, da rimanere incantati.

 

scena

A Sun (2019): scena

 

Il verde lussureggiante della natura cinese domina continuamente, il sole sorveglia e illumina, a volte giallo a volte crepuscolare, distribuendosi equamente su tutta la terra. Come recita magnificamente il giovane Hao, con un indovinello prima ed una spiegazione poi che è pura poesia, magnifica espressione della filosofia orientale.

“Qual è la cosa più giusta del mondo?

La cosa più giusta del mondo è il sole. A qualsiasi latitudine, qualsiasi posto sulla terra in un anno riceve la stessa quantità di luce e buio. Pochi giorni fa siamo andati allo zoo, il sole ardeva, era troppo forte per gli animali e si erano nascosti tutti nell’ombra. Ho provato un sentimento vago che non so descrivere, vorrei essere anch'io come quegli animali, potermi nascondere nell’ombra, ma guardandomi intorno ho capito che non solo gli animali cercano, anche tu, mio fratello, persino Sima Guang*. Riuscite tutti a trovare un angolo buio nell'ombra. Io invece no, nessuna giara*, nessun nascondiglio. Solo il sole, 24 ore su 24 caldo e splendente che illumina tutto.”

(* Hao si riferisce al racconto del piccolo Sima Guang, che ha narrato alla sua amica in una scena precedente)

 

 

L’Estremo Oriente è uno scrigno di meravigliosi racconti che arrivano a fatica da noi, che passano con difficoltà e come gioielli preziosi arrivano a pochi, solo con il passaparola e con mezzi a cui gli spettatori si rivolgono spesso e solo per i titoli più noti e reclamizzati. Questo film, recitato in mandarino e quindi armonicamente udibile, non andrebbe sprecato nell’anonimato, è un peccato.

Cogli l'attimo. Scegli la tua strada.

 

 

 

 

 

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