Regia di Cristina Comencini vedi scheda film
Il genere in cui meglio sguazza la figlia più celebre di Luigi Comencini è la commedia famigliare, quel tipo di storia che si concentra su un microcosmo che al contempo è anche universalità, ragionando più sulle piccole cose che su grandi problemi, riuscendo a fornire un ritrattino che ha come massima ambizione quella di raccontare. Un coro di personaggi scritti molto bene, che l’autrice non lascia mai abbandonare alla caricatura come sarebbe più semplice, viene colto nella sacra rappresentazione famigliare della festività natalizia, vero e proprio teatro di guerra nella maggior parte delle case normali: a scombussolare le carte in tavola ci pensa Giulia, l’apparentemente realizzata madre di famiglia, che, così d’improvviso, si rende conto di non essere felice e torna nella natia Puglia, gettando nel panico i congiunti. Senza pretese, con gusto raffinato ma non altezzoso, la Cristina fotografa con squisito affetto il gruppo di famiglia disastrata tra Bologna e Trani, muovendosi leggiadramente tra le frustrazioni e i segreti dei suoi insicuri personaggi. Nonostante la poca efficacia del segmento con Stefania Sandrelli e Claude Brasseur, può vantare una omogeneità e una precisa cifra stilistica che caratterizza le opere più ispirate della regista. È sostanzialmente un film d’attori (ben diretti), in cui si registrano una delle prove migliori di Francesca Neri, i validi apporti di Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi.
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