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Così ridevano

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

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La recensione su Così ridevano

di lorenzodg
10 stelle

"Così ridevano" (1998) film di Gianni Amelio di grande impatto emotivo represso dove le lacrime dell'animo vengono sciolte da sguardi compressivi e implosivi: rabbia, rancore, sapore, viltà, vita, pietismo, scoramento, lacerazione, fedeltà, dono, pessimismo, silenzio, solitudine, spavento, resto, accorato, languido, vetusto, perduto, acidità, stantio, fresco, assente, partito, legato, scaduto, innamorato, disteso, annerito, lucido, silente, operaio, dimesso, abbracciato, soppianto, insaguinato, gassato, infausto, difesta, santificato, ameno, emigrato, attonito, attorcigliato, invaghito, mesto, distenti, dissapiente, dialettale, introverso, estroverso, spremuto, stazionario, diretto, accarezzevole, pietrificato, fanciullesco, giovanile, fraterno, mirato, viscontiano, attento, ritrovato, noir, mortificante, notturno, passaeggiato, rincorso, fumoso, attinto, desetiano, corso, sporco, rubato, ladro, ammirato, senzaparole, ignorante, speranzoso, poetico, fanciullino, viatico, chiuso, aperto, arrivato, benvestito, ultimopiatto, arenato, vuoto, sguardofisso, tenerdentro, represso, gazzosa, dolce, carezza, esame, finito e battezzato.
Permesso di ciò, un film dove ogni segnale, inquadratura, fotografia, gesto e spazio danno la sensazione di riempitivo e di svuotamento del tutto. Gli opposti lineari e paralleli convivono e si incontrano in una città arata dalle luci orchestrate e dai futili umori ariosi. Una dimensione che si accentra anche nei passaggi (anneriti) di montaggio: ci vogliono dire più di qualcosa e riempiono (non solo la storia) ma il mesto vivere non raccontabile per inconsistenza di ciò che vorremmo. L'illusione della festa è un mercato di cibi (poco visti) mai dimenticati (da quel ristorante di lusso) e poco avezzi al mondo scarno e dimesso di gente che ha vissuto con la testa inchiodata al misero lavoro (cercato lontano).
Una storia divisa in parti (cronologie di tutti quelli che ricordano e ridevano di molto poco) che racchiudono simbologie-vere: arrivi, inganni, soldi, lettere, sangue, famiglie (il percorso-parto esente di facili moralismi e di lacerazioni 'città aperte').
Dal 1958 al 1964 due fratelli vivono microstorie e la storia di un periodo: Giovanni (Enrico Lo Verso) e Pietro (Francesco Giuffrida) si dimenano in una familiarità attinta per tradizione (un padre che non c'è più) e in una passionalità-tremante che lasciano il segno ad ogni scena. Una vita che vuole essere di rivalsa verso tutto (e tutti): Giovanni vuole che suo fratello studi per diventare 'maestro' mentre lui non osa dire (vergogna di un'Italia da riguardare e da ammirare...in un ciel stellato-falsificato di oggi) che non sa leggere. Un esame, una poesia, Pascoli, un fanciullino che non cresce (lo sguardo benevolo della commissione non è di commiserazione ma c'è ben altro) e un ritorno a cercare una famiglia da ricostruire. Un omicidio e il sangue che sporca la vita di entrambi fa fare un gesto estremo a Pietro che per il fratello dona il suo 'piccolo' mondo. Il fratello che desideri viene messo in disparte da uno sguardo ultimo che ti strappa le viscere ad ogni ora dimenticata. E' Pietro che dà una lezione (oltre ogni nostra idea) a una vita dileguata e arrossita.
Mentre Enrico Lo Verso dà grande misura e verità al suo personaggio, invece è l'interpretazione di Francesco Giuffrida che rimane impressa e non si allontana di un millimetro dal nostro animo invaghito e arroccato nei modi 'dimessi' di una storia da reimparare.
Eccellente la fotografia di Luca Bigazzi: la Torino notturna merita una citazione a parte, ma ogni scena è ripulita da accadimenti forvianti con oscurità in lontananza.
Musiche di Piersanti di forte impatto emotivo.
La regia di Gianni Amelio: asciutta, pulita, precisa. Di grandissimo livello narrativo.
Voto 9/10.

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