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They Say Nothing Stays the Same

Regia di Jô Odagiri vedi scheda film

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La recensione su They Say Nothing Stays the Same

di EightAndHalf
6 stelle

Imamura for dummies. Forse è un’esagerazione, ma il film di Joe Odagiri è leggibile proprio sotto quel punto di vista. Perché dei film del genio nipponico ci sono qui i rapporti con la natura, le morbosità umane interrelazionali e i contesti geografici ambigui fra tradizionalismo e alterità. Nel film Toichi fa il traghettatore da una sponda all’altra di un fiume, incontrando o abitanti del villaggio vicino o frequentatori occasionali di tutti i tipi. Quello che succede nel mondo Toichi lo scopre attraverso queste persone, con cui scambia sempre qualche dialogo – simpatia del cliente permettendo – nei pochi minuti necessari per la traversata. Un giorno però trova una donna stordita quasi del tutto immersa in acqua, la porta in salvo in casa sua e cerca di interagirci anche con l’aiuto del giovane Genzo, unico amico intimo di Toichi. Intanto la costruzione di un ponte lì nei pressi sembra far avviare la carriera di Toichi alla fine. Ma lui si ostina ad affermare con gli altri l’utilità del ponte, in uno sforzo altruistico che gli viene assolutamente innaturale. E ancora: dalla boscaglia appaiono dei fantasmi; giungono alle orecchie notizie su omicidi e rapimenti; la ragazza ritrovata va prendendo confidenza con luogo e persone… They Say Nothing Stays The Same è tutto questo, un piccolo universo chiuso in un solo luogo visto da tutte le angolazioni possibili. Il dramma di Toichi si consuma nell’immobilità e nella solitudine, come anche nella natura e nelle sue avversità. La vita di Toichi è un tentativo continuo di aiutare gli altri, mentre dentro di lui covano sentimenti di rabbia quasi tsukamotiana – una sequenza ricorda le follie dell’altro grande genio nipponico. Di tutto questo pot pourri sopravvivono in fascino racconto e fotografia, benché il primo nel finale tenda a sfilacciarsi – 137 minuti sono troppi – e la seconda spesso si ripeta. Però un film talmente ostinato da voler fare affezionare ad azioni quotidiane ripetute più volte (il lavaggio della barca) è un film da difendere, anche se poi gli eventi speciali che rompono la quotidianità suddetta sfiorano il pacchiano. Un film misterioso, forse meno atipico di quello che si può credere ma in ogni caso da recuperare per le innumerevoli piccole invenzioni di regia disseminate in più di due ore. Promosso.

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