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The Truman Show

Regia di Peter Weir vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Truman Show

di jonas
10 stelle

Questo film mi ha profondamente colpito perché non mi aspettavo una cosa del genere, né dal regista Weir (spesso deludente) né dall’interprete Carrey (ricordo ancora che, guardando i trailer dei due Ace Ventura, mi chiedevo “ma chi è quell’imbecille?”). Truman vive in un mondo virtuale senza saperlo: la madre, la moglie, il migliore amico sono tutti attori prezzolati; lo spettacolo a cui partecipa è finalizzato all’audience e alla vendita di spazi pubblicitari; il suo futuro non è ancora stato scritto solo perché gli autori della trasmissione devono assecondare i mutevoli gusti del pubblico, ma in ogni caso non sarà lui a determinarlo (è già in serbo una relazione extraconiugale con una collega di lavoro che gli viene presentata come per caso). L’unica scelta che sarebbe stata veramente sua è quella di una ragazza conosciuta anni prima e poi scomparsa (perché non prevista dal copione), fatta partire per un luogo dalla lontananza mitica (le Figi) che da quel momento Truman ha preso a vagheggiare: nel frattempo ritaglia dai giornali illustrati immagini di donne per assemblarne i dettagli in un patetico identikit (nascosto sul retro della foto della moglie: la vita autentica come rovescio di quella artefatta), cercando di ricostruire il viso di lei. Una situazione da incubo, a esserne consapevoli; ma il paradosso è che il sole, il cielo, le bellezze della natura, la ricchezza della vita umana, si vedono soltanto nella ricostruzione in studio: viceversa al di fuori, a quanto pare, esistono solo spettatori che guardano il Truman Show in tv (tutte le scene si svolgono in interni, di case o di locali pubblici); insomma al di fuori c’è un mondo mostruoso, al posto del quale l’autore-demiurgo della trasmissione ha creato un mondo perfetto. Quando, conquistata dolorosamente la consapevolezza della propria situazione, Truman cerca di fuggire, il pubblico fa il tifo per lui; ma è solo un fuoco di paglia, in realtà sono già tutti pronti a sorbirsi un’altra dose di immondizia televisiva (“che danno adesso?”, è l’ultima frase del film). E quando Truman arriva alla porticina che si apre sul mondo esterno (si fa fatica a definirlo “mondo reale”) sembra Ulisse giunto alle Colonne d’Ercole: infatti dal cielo risuona una voce che potrebbe essere quella di Dio e che gli dice le cose che un padre (padre che Truman ha perso da bambino, sempre per motivi di copione) potrebbe dire al figlio. Per congedarsi Truman sceglie una delle sue battute caratteristiche, perché quello è stato fino ad allora il suo modo di esprimersi: al di là della porta dovrà imparare un altro linguaggio, vivrà una nuova vita in un mondo che non somiglia affatto alla linda cittadina nella quale ha sempre abitato; una vita che il film non ci mostra, ma che possiamo immaginare ben poco allegra. Però almeno troverà ad aspettarlo la ragazza, che in quegli anni non ha mai smesso di sperare di vederlo libero.

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