Regia di Barbra Streisand vedi scheda film
Prodotto, diretto, interpretato, cantato, vissuto, studiato, costruito, invaso da quella Musa moderna che risponde al nome di Barbra Streisand, Yentl è un oggetto strano. È un musical anomalo, in cui le canzoni sembrano inserite quasi per non scontentare né i milioni di fans della grande Barbra né tanto meno la forte personalità della diva. Che canta, certo, ma quasi fuori luogo, quasi a voler contraddistinguere in un modo particolare un film che, altrimenti, sarebbe stato se non altro interessante. Mette in gioco sé stessa (va dietro la mdp, non si affida ad un regista più navigato – magari proprio nel genere musicale), ma neanche troppo: la Streisand si impadronisce del film senza se e senza ma, quasi a voler sopperire alle lacune che non di rado saltano all’occhio (uno su tutti: la prolissità, che per una commedia – seppur arguta e anticonvenzionale – è letale), ritagliandosi ogni spazio della scena, non lasciando tregua allo schermo. Meno male che è tanto brava da farsi perdonare tutto: sia in abiti di contadinella dell’est (e qualche accostamento iconografico con la Diane Keaton di Amore e guerra si può trovare), sia nei panni maschili del giovane ebreo (modelli: la Julie Andrews di Vicor/Victoria e la Katherine Hepburn de Il diavolo è femmina, ossia due donne vestite da uomo non rinunciano ai propri tratti caratteristici in favore dell’improbabilità del travestimento cinematografico, una sorta di patto di non belligeranza con lo spettatore pignolo), che vada a fare la spesa o che studia il Talmud, è sempre e comunque magnifica. Dimostra, inoltre, una certa attenzione registica – assistita dal montaggio eccellente di Terry Rawlings – nel mantenere ritmo ad una storia che qua e là sembra perdere quota. Non bisogna dimenticare che Yentl si fonda su una base assurda: reggere per due ore la farsa della donna che si finge uomo è dura. Solo se l’impianto è dignitoso riesci ad accettare che il paradosso diventi normalità. L’impianto di Yentl è dignitoso. Ha diversi difetti, ma sta in piedi. È una di quelle attrici che ha imparato il mestiere osservando gli ottimi professionisti (William Wyler, Sydney Pollack, Herbert Ross, Peter Bogdanovich) con cui ha lavorato.
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