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Ludwig

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ludwig

di yume
10 stelle

Ludovico II diventò re di Baviera nel 1864 e tale rimase fino al 1886, anno della morte per annegamento nel lago di Starnberg, adiacente ad uno dei suoi castelli.

locandina

Ludwig (1973): locandina

Ultimo film realizzato da Visconti con le facoltà fisiche ancora intatte durante tutta la sua produzione, orrendamente sfigurato da produzione e distribuzione con tagli che l’hanno privato di quasi un’ora, nel 2018 è stato proiettato in una nuova stampa 35mm restaurata presso la Film Society del Lincoln Center, selezionata da una serie di fonti tra cui i negativi originali del regista.

Quello che oggi si può finalmente ammirare è il Ludwig, 1973, 35mm, di  238 minuti.

 

Romy Schneider

Ludwig (1973): Romy Schneider

LUDWIG personaggio storico

Ludovico II diventò re di Baviera nel 1864 e tale rimase fino al 1886, anno della morte per annegamento nel lago di Starnberg, adiacente ad uno dei suoi castelli.

Giovane di diciotto anni, idealista, inesperto di tutto quanto concernesse il governo di uno Stato, omosessuale in un tempo e in un mondo in cui esserlo era un tragico peccato, circondato da uomini e donne che in vario modo lo sfruttarono, lo martirizzarono, lo amarono di un amore inutile, lo giudicarono, oggi resta un personaggio controverso che molti, in Baviera, amano, non foss’altro per i castelli che attirano frotte di turisti.

La storia è stata ingenerosa con questo re di Baviera

Visto sempre come un disturbato mentale, uno statista fallito, uno scialacquatore di beni pubblici, forse aveva capito molto prima di tanti dove si stava andando e non credette servisse mettere il dito nella diga.

Intorno a lui la Germania unificata stringeva la sua morsa e l'espansione prussiana preparava la strada alle forze che sarebbero diventate il  nazismo.

Ludwig, e Visconti ne è il migliore interprete, è un punto di arrivo senza seguito, il romanticismo tedesco si arena lì, la strada che segue non sarà la migliore.

Helmut Berger

Ludwig (1973): Helmut Berger

LUDWIG personaggio cinemaografico

Intorno a Ludwig Visconti dispone un corteo variegato di uomini e donne influenti sul suo destino:

parlamentari e funzionari di corte, a tratti inquadrati sullo schermo in chiaroscuro, con minacciose luci su uno sfondo blu, parlano, deprecandole, delle sue performances e della necessità di intervenire per il bene dello Stato.

 

Il reverendo di corte, insinuante moralista che agita sopra il sovrano minacce di dannazione eterna:Ludwig, tu sei il favorito del Signore perché più di ogni altro uomo sei esposto al peccato."

 

Sophie, principessa austriaca che tutti vorrebbero sposa di Ludwig perché così bisogna fare, prender moglie ed aver figli, stando alle regole. La povera ragazza, sorella di Elisabeth, meglio nota come Sissi, è perfino innamorata di Ludwig, soffre per la sua indifferenza, alla fine scompare di scena.

 

Richard Wagner, tanto grande per la sua musica quanto piccolo nella ricerca di un mecenate che finanzi la sua impegnativa famiglia.

 

Stallieri e valletti, una ciurma di prestanti popolani pronti a tutto e ben remunerati dalla generosità del re.

 

Infine lei, Elisabeth d’Austria, la bellissima Romy Schneider in una delle sue migliori performances, l’unica donna che Ludwig abbia amato, ma solo perché erano due facce della stessa medaglia, sembravano nati dallo stesso utero.

A Elisabeth Visconti assegna un ruolo evanescente, appare e scompare fino a sparire del tutto, presenza/assenza troppo labile per essere di qualche utilità a quel cugino avviato verso un declino irreversibile.

 

Questo elenco così popolato e brulicante potrebbe spiegare la tragica sorte del re, suicida a quaranta anni in una triste nottata di pioggia nelle scure acque del lago.

E ad un normale biografo basterebbe.

Non a Visconti.

Il suo eroe, affidato a Helmut Berger, attore di cui si conoscono vita e miracoli, meno la sua attuale indigenza, ha una bellezza diafana, fanciullesca, ma senza l’innocenza del fanciullo, attraversata da una malinconia profonda che a tratti diventa sinistra, minacciosa, spesso smarrita.

Intorno a lui Visconti dispiega tesori di grandiosa, esuberante bellezza: luci, arredi, abbigliamento (il famoso mantello rosso dell’incoronazione) scenografie e decorazioni sontuose e spettacolari. Al centro è sempre lui, Ludwig, figura mitica, quasi irreale, di angelo caduto sulla terra e perciò destinato a marcire ben presto, sporco di fango.

Corpulento, gli occhi stupendi ormai vitrei, i denti, doloranti e  anneriti, il colorito cereo, gli anni, benchè pochi, l’hanno portato a questo, inutile indagare su cause e responsabilità, il suo destino gli covava dentro, era una meteora, poteva brillare solo nel breve impatto con l’atmosfera.

Visconti carica di oscurità e rovesci di pioggia il paesaggio infernale sulle rive del lago dove Ludwig giace riverso dopo il recupero del corpo. Un fermo immagine spettrale, la morte che in tutto il film aleggia celebra il suo trionfo.

E come sempre la morte umilia, annichilisce, non serve essere stati re né eroi.

Ludwig aveva rinnegato guerra e impero in nome dell’arte e della bellezza. Diventerà un uomo malato e ridicolo con i suoi cigni e barchette colorate.

Ma chiediamocelo, è il vecchio mondo che crolla o il nuovo che non riesce a decollare?

locandina

Luchino Visconti (1999): locandina

 Ludwig c’est moi

In Ludwig Visconti s’identifica, le contraddizioni e i tormenti del re sono i suoi, Ludwig è il riflettore acceso sulla sua stessa angoscia, e lui era un re, come Ludwig.

Arte e musica, teatro e finzione popolarono i castelli di Ludwig, incurante della lunga stirpe di monarchi europei a cui apparteneva. Politica e guerra erano inutili e fastidiose incombenze, oltrepassare i cancelli del cielo l’unica cosa che valesse la pena di fare.

Regista marxista per scelta, aristocratico perché il migliore (la radice della parola contiene il suo senso), Visconti ha creato la sua personale galleria di autoritratti ponendoli in un teatro su cui fa scorrere la vita con tutta la sua bellezza, turpitudine, miseria e nobiltà.

Ludwig, il professor von Aschenbach di Morte a Venezia, il principe di Salina de Il Gattopardo, personaggi in vario modo risucchiati dalla morte, protagonisti di destini illustri resi polvere da vecchiaia, malattia, pazzia.

Il senso di isolamento è quello che si avverte prevalente, primi piani medi e interni scuri dominano la scena, nulla trapela della grandezza che il mondo celebra, e infatti nulla vediamo di Bayreuth, mitico teatro wagneriano fatto costruire proprio da Ludwig, né dei trionfi di Wagner.

E prima di Visconti qualcuno l’aveva già detto:

Oh vana gloria de l'umane posse! | com' poco verde in su la cima dura, | se non è giunta da l'etati grosse!
….................

Non è il mondan romore altro ch'un fiato di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi, e muta nome perché muta lato.
Dante, Purgatorio, XI, 91-102

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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