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La rivincita

Regia di Leo Muscato vedi scheda film

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La recensione su La rivincita

di Furetto60
5 stelle

Lodevole nel proponimento,il dramma di Muscato,è un film poco convincente

 In uno scenario campestre, tanto bello paesaggisticamente, quanto socialmente degradato e squallido, il film segue le vicende di due fratelli, Vincenzo alias Michele Cipriani e Sabino alias Michele Venitucci, e delle loro rispettive compagne Maja e Angela. Quattro misere esistenze all’insegna della precarietà, con le risorse economiche che latitano, il territorio in mano alla malavita, poche prospettive lavorative. Vincenzo che tira a campare coltivando la terra ereditata dal padre, se la vede un brutto giorno espropriare dal demanio, per far posto a una superstrada, proprio mentre sua moglie Maja è in dolce attesa, Sabino gestisce un chiosco di fiori davanti al cimitero ma a lui le cose non vanno meglio, sommerso dai debiti, non riesce a dare a suo figlio e a sua moglie il tenore di vita a cui aspirerebbero. Le due famiglie vivono l’una di fronte all’altra, ognuna con le sue difficoltà e i suoi demoni da affrontare. La disperazione, più che i vincoli famigliari, è il “fil rouge” che le unisce tristemente, sfiancati e inermi aggrappati al tentativo di tamponare disgrazie, si lasciano vivere passivamente in esistenze improvvisate, prive di progetti e iniziative a lungo termine.  E così cadono in balia di sprezzanti e spietati usurai, arrivando a smerciare veleni agricoli, o a vendersi, letteralmente, il sangue, Vincenzo medita perfino di vendersi un rene. Maja, convinta dal marito ad abortire, perché non in grado di sfamare un'altra bocca, successivamente per averlo, sarà costretta a una scelta estrema, che farà precipitare tutti nel caos e nel dolore. Tratto dal romanzo omonimo di Michele Santeramo, ispirato da tante storie vere, il film oscilla tra realismo e paradosso,  con personaggi alla spasmodica caccia di una qualche soluzione. Gli interpreti provengono tutti dal teatro e il film stesso ha una matrice teatrale, È un piccolo lavoro che prova ad offrire uno spaccato sui nuovi poveri, tuttavia non trova né il giusto slancio, né il giusto punto d’osservazione, per essere credibile e corretto nell’analisi. Il rapporto tra sofferenza emotiva e desolazione sociale appare fiacco, La rivincita sembra, dunque, mancare di potenza. È un’opera strana, che non ha una fisionomia netta. I personaggi scontano una caratterizzazione poco incisiva. Nel passaggio dal palcoscenico al grande schermo il lavoro perde espressività, sarebbe stato opportuno per esempio accompagnare il film con una colonna sonora invece che con il silenzio. L'opera si presenta sfilacciata e salta all’occhio l’incoerenza del comportamento dei personaggi, le cui disgrazie sembrano essersele andate a cercare, in buona sostanza il logico prodotto di scelte istintive, superficiali, illogiche e avventate. Vincenzo prima regala soldi al fratello e poco dopo persuade la propria compagna ad abortire, non avendo modo di provvedere economicamente al bambino, per poi, appena la situazione sembra appena migliorare, decidere di volerne uno a tutti costi, al punto da indebitarsi con gli strozzini per affrontare una cura costosa per rafforzare  i suoi spermatozoi indeboliti, a causa dei veleni che ha sparpagliato nel suo terreno. Angela è invece infelice e insofferente, abbandona il figlio e il marito, per andare a fare volontariato dai bambini del continente africano, per poi pentirsi e rientrare. Le sofferenze economiche possono condurre a scelte sbagliate, ma qui entriamo nel campo dell’autolesionismo puro e crudo, la recidiva illogicità comportamentale dei personaggi, rende astrusa la narrazione e impedisce l'empatia con i protagonisti. La lotta per la sopravvivenza in "La rivincita" non ha un grande respiro, né la forza della denuncia sociale, resta piuttosto un secco e triste resoconto di vicissitudini subite da persone confuse e disperate.

 

 

 

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