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Il primo Natale

Regia di Salvo Ficarra, Valentino Picone vedi scheda film

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La recensione su Il primo Natale

di GeneBrooks
2 stelle

Quelli che avrebbero potuto girare questo film sono morti : Troisi, Mel Brooks....Forse Zemeckis a 67 anni avrebbe affrontato meglio l'argomento. Ficarra e Picone non sono questo film, fatto perché ognuno deve mangiare; per rifarvi la bocca andatevi a guardare le Rane, nel loro magnifico rifacimento.

"Il primo natale" è un omaggio dichiarato alla prima regia di Massimo Troisi. Il punto comune è il viaggio nel tempo, il ritorno al passato con la consapevolezza dell'oggi, un registro molto sfruttato dalla nascita del cinema, che di per sé è un viaggio nella memoria. Ma se nella bellissima commedia con Troisi e Benigni, la leggerezza e la comicità sostengono una sceneggiatura geniale, qui ci ritroviamo con delle bellissime premesse, tradite dalla mancanza di ritmo e imprevedibilità.

Qui va aperta una parentesi sul linguaggio comico : la generazione di Troisi e Benigni è caratterizzata dalla continua ricerca di un linguaggio diverso, la battuta che scaturisce da una situazione ogni volta differente. La "generazione Zelig" che pure ci ha dato grandi talenti, tra i quali Valentino e Salvo, ha inaugurato la comicità ridondante, tornando ai tempi di Totò, nei quali il pubblico conosceva le battute delle quali avrebbe riso per l'ennesima volta, grazie alla genialità del comico. La definisco la comicità del tormentone, che si esprime bene in tempi brevi. Molti film di questa GZ nascono dall'adattamento ad un tempo più lungo di questi tormentoni, di gags che hanno un senso se sovrapposte subito ad altre gags, a loro volta fagocitate da un tormentone ritmico che chiude lo sketch come i fuochi di artificio.

F&P creano una "operetta morale" forse influenzati dalla bellissima esperienza delle "Rane", un film nel quale il viaggio a ritroso nel tempo possa concludersi con un lieto fine in riferimento esplicito a problemi attuali. Ma anche Aristofane allegerisce il testo il più possibile, annacquando l'insegnamento morale.

Mi spiego meglio : un "comico pugliese di destra" ha ultimamente scritto una canzone chiamata "l'immigrato". Disturba, questa canzone, esattamente come disturbava l'italiano medio con i suoi egoisimi e i suoi difetti portato in scena da Alberto Sordi. Checco Zalone non ha la pretesa di insegnare, Sordi non la aveva nemmeno: l'insegnante sta in cattedra e il suo messagio subliminale (neanche tanto) è "siate come me, perché io non sono come voi". Zalone piace a Salvini e a Zingaretti, perché entrambi sono consapevoli delle nostre debolezze. Ma soprattutto la satira che rappresenta è più efficace della "comicità pedagogica".

Salvo da sempre è l'Alberto Sordi del duo, ma in questo film rimane tranquillo e la scrittura Nerd di Valentino forse prevale (quanto meno del suo personaggio) e conferisce lentezza e prevedibilità alla storia. 

Dal punto di vista cinematografico, la luce di alcuni paesaggi è bella, ma fuori contesto e il montaggio penoso. Mi è sembrato di rivedere lo smembramento di una regia alla Mel Brooks, con MB giustamente assente. 

 

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