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Cetto c'è, senzadubbiamente

Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film

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La recensione su Cetto c'è, senzadubbiamente

di Furetto60
5 stelle

Terzo capitolo dedicato a Cetto La Qualunque,bravo Albanese, ma il il film è il più debole della trilogia.Gag e battute fini a se stesse. Più parodia che satira

Cetto La Qualunque, l’ormai ex politico calabrese, corrotto, disonesto e più che scorretto, è andato a vivere in Germania e ha abdicato alle sue velleità politiche, per dedicarsi ad altro. È diventato, infatti, un imprenditore di successo, ha aperto una catena di ristoranti e pizzerie. Intrattiene i suoi ospiti cantando uno stravagante rap ed esibendosi con una capigliatura bionda, adatta ai colori locali, ritiene che il paese alemanno sia  una terra di conquiste e che la mafia sia un brand italiano di altissima qualità, da esportare nel mondo. Ora ha una nuova e bellissima moglie tedesca, un altro figlio piccolo, nel frattempo la sua ex moglie, si è fatta addirittura suora e ha  per suoceri dei filonazisti, che non lo hanno molto in simpatia, continua però a non aver rispetto, né per la natura, né per le donne, né per il prossimo in generale. Vagheggia montagne di cemento al posto dei prati . Ignorante, si esprime di frequente attraverso avverbi da lui coniati. Un giorno, la zia che lo ha cresciuto, sin da bambino e che è gravemente ammalata, lo convoca al suo capezzale. L'anziana, sul letto di morte gli rivela le sue  vere origini:non è figlio di un venditore ambulante, come a lui gli era stato fatto credere, bensi di un principe, che aveva ingravidato la madre, sua ricamatrice personale, per poi dileguarsi.  Cetto La Qualunque, dunque scopre di avere sangue blu e di essere un discendente borbonico, subito viene intercettato da un “traffichino maneggione,” che vorrebbe approfittare di questa rivelazione, per restaurare la monarchia. Cetto, torna dopo sette anni alla granfe, per proporsi stavolta, come naturale erede al ‘trono delle due Calabrie’, sicuro più che mai, che la monarchia sia l’unico modo per guidare un paese in cui la democrazia ha  fallito.Il regista Manfredonia gira, una favola nera che, prova a scavare negli orrori di oggi. Cetto è come al solito buffo, scorretto, egocentrico e palesemente sopra le righe, si contrasta di nuovo con il figlio Melo sindaco, idealista, che interpreta il suo ruolo istituzionale, in chiave ecologista, concependo ampie zone chiuse al traffico automobilistico, tante piste ciclabili e intransigenti divieti di caccia. "Fra poco metteranno al bando il peperoncino", si lamenta Cetto, che poi dichiara: "gli italiani si bevono qualsiasi minchiata: e io sono la minchiata giusta al momento giusto". il personaggio di Cetto esorcizza con ironia il malaffare, in un paese che non si scandalizza più per niente . “L’Italia è un gregge che segue il cane, e io abbaio forte!” dice Cetto,  icona del politicamente scorretto, che si atteggia a persona di prestigio, ma è privo completamente di tatto, cultura e di buone maniere. Fedele a se stesso, non è migliorato né come padre, mette di nuovo in guai giudiziari il figlio, né come marito, ripudia la moglie per una più  blasonata e il motto ‘cchiù pilu pe' tutti’  è ancora il suo credo assoluto , come lui  afferma, cambiano i termini, ma la sostanza è sempre la stessa,  “Cosa vi cambia da essere deputati a essere vassalli?” chiede Cetto a qualche politico incerto sulla fattibilità del progetto monarchico. Si tratta del terzo film che porta al cinema il personaggio di Cetto La Qualunque, dopo "Qualunquemente" del 2011 e Tutto tutto,niente niente" del 2012., uno dei personaggi più riusciti  di Antonio Albanese. Sceneggiato dallo stesso Antonio Albanese insieme a Pietro Guerrera, Cetto c'è, senzadubbiamente, è un film fortemente voluto dai fan del personaggio. Constatiamo ancora una volta l’istrionismo di Albanese che dimostra di essere attore comico di razza, tuttavia il film funziona a tratti, la storiellina non decolla del tutto, le battute e le gag  sono efficaci, ma restano fini a se stesse e la satira spesso scivola nella parodia.

 

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