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La dea Fortuna

Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film

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La recensione su La dea Fortuna

di diomede917
5 stelle

 Ferzan Ozpetek torna a casa. Dopo essersi allacciato le cinture andando in Salento e cercato di svelare i segreti sotterranei di una Napoli fin troppo velata, ritorna nella suo ambiente. Quella Roma un po' popolare e un po' radical chic. Fatta di terrazze, tavolate, amori gay e personaggi stravaganti. Si apre documentando un matrimonio omosessuale tramite il cellulare di uno dei protagonisti della storia e il video (chiaro simbolo del modo di raccontare con immagini la realtà che ci circonda) si chiude proprio con l'altro protagonista di questa storia spalancandoci fin da subito qual è l'obiettivo finale del regista. La Dea Fortuna ci parla di una storia d'amore al capolinea. La storia d'amore tra Arturo e Alessandro. Due personaggi completamente diversi tra loro. Due personaggi che si sono amati per 15 anni e che si trovano a fare i conti con la loro relazione Uno è un traduttore di libri antichi che vive la sua condizione con molta frustrazione, vivendo le sue rinunce come un fallimento da tenere nascosto quasi soffocato; L'altro è un idraulico, una personalità molto basica ma molto sincera. Un uomo "De Core" come direbbero a Roma ma con un fascino che definirei trasversale. Questa diversità caratteriale e sociale si riflette anche nella fisicità e nel comportamento. Più dimesso e intellettuale il primo, più fisico e dirompente il secondo. Vivono diversamente anche i loro reciproci tradimenti, più cerebrali il primo e più da una scopata da una botta e via il secondo. Sono una coppia come tante che hanno sostituito la passione con l'affetto e che non hanno ancora il coraggio di ammettere che è finita e dirsi semplicemente un ciao. Sarà l'arrivo di due bambini figli di Annamaria la donna che li ha fatti conoscere e che ha bisogno urgentemente del loro aiuto che li metterà con le spalle al muro di fronte alla loro crisi e alle loro responsabilità. La Dea Fortuna nasce da un evento realmente accaduto al regista (lui e il suo compagno si sono dovuti occupare dei figli del fratello Asaf gravemente malato a cui è dedicato il film) e lui ne ha preso spunto per psicanalizzare la fine di un amore. La vera forza del film, e di questo siamo grati a Ozpetek. è che dopo 10 minuti non ti rendi conto di trovarti di fronte a una coppia gay ma di vivere i litigi e i rancori di un qualsiasi nucleo familiare. Bellissimo il doppio litigio parallelo che vede coinvolti Arturo e Alessandro e i due fratellini. I bambini non solo ci guardano, ma ci assimilano e ci imitano. Nella Dea Fortuna c'è la somma della cinematografia di Ozpetek, riviviamo le atmosfere e le tematiche care al regista viste sotto altre chiavi o punti di vista ne Le fate ignoranti, Saturno Contro o Magnifica Presenza. Ma il vero elemento di novità che fa la differenza è l'interpretazione di Edoardo Leo che trasporta col suo fisico possente tutta la storia e tutti gli elementi di contorno. È l'uomo che tradisce spudoratamente ma che ricorda ancora bene di quando si innamorò a prima vista di Arturo proprio davanti alla Dea Fortuna presente a Palestrina. E Stefano Accorsi è altrettanto bravo a stare di lato, recitando quasi in punta di piedi fino ad esplodere con tutto il suo veleno fatto di ipocrisie per 15 anni taciute. Il loro amore è rappresentato come un lungo litigio di quasi due ore. Non si sfiorano, non si baciano, dormono di spalle come una qualsiasi coppia in crisi. Accennano ma non riescono neanche a picchiarsi reprimendo una rabbia pronta ad esplodere da un momento all'altro. Ozpetek firma il suo film più maturo e consapevole supportato anche da un ottimo cast di contorno. Jasmine Trinca gioca benissimo di sponda tra Edoardo Leo e Stefano Accorsi, un ménage a trois recitativo di valore. Ma proprio quando il film doveva virare sui canali inevitabili della ferocia, La dea fortuna si perde in Sicilia dove sbarca e sbanda. 20 minuti che non aggiungono niente ma che anzi inficiano su un film che fino a quel momento era molto bello. Una Sicilia anacronistica, una nonna strega che non si vedeva dai tempi di Figli di Nessuno con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson. Non so se abbia avuto un contributo dalla Regione Sicilia, ma vedo tutta quella parte decontestualizzata rispetto a tutto il film e riconducibile al criptico inizio che cela la voglia di Ozpetek di virare un giorno al thriller psicologico con traumi alla Profondo Rosso (era così pure l'inizio di Napoli Velata). Una sbandata che Il regista riesce a rimediare all'ultimo con un finale poetico fatto solo di sguardi. Sguardi che nascondono tantissime parole che forse riusciranno, un giorno, a dirsi. Voto 7 al film, 4 per la parte siciliana. Media 5,5.

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