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L'immortale

Regia di Marco D'Amore vedi scheda film

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La recensione su L'immortale

di mm40
3 stelle

Ciro, camorrista detto “l’immortale” perché unico sopravvissuto di tutta la sua famiglia al terremoto del 1980, quand’era poco più che un neonato, riesce a uscire vivo anche da una sparatoria in cui rimane gravemente ferito. A quel punto non gli rimane che cambiare aria: se ne va in Lettonia, dove prende parte al locale giro malavitoso russo.

Sebbene abbia preso parte anche ad altri lavori, sia televisivi che cinematografici, l’attore campano Marco D’Amore è principalmente noto al grande pubblico nei panni di Ciro Di Marzio, della serie tv Gomorra. Dopo essersi sperimentato come regista per un paio di episodi della serie, nel 2019 D’Amore debutta in sala con un lungometraggio, L’immortale, che parla proprio del suo personaggio, andando a raccontare retroscena inediti della sua infanzia e inserendolo in una storia completamente nuova che lo vede alle prese con le faide fra mafiosi russi e lettoni. Uno spinoff crossmediale, per usare un paio di termini ad hoc: un lavoro che prende vita da una costola del progetto iniziale e che attraversa differenti media, trasportando Ciro dal piccolo al grande schermo. E a conti fatti L’immortale non è neppure un brutto film, sia chiaro. Ma è legittimo che il pubblico cominci a essersi un minimo stancato di Gomorra e di tutte le sue filiazioni e diramazioni, anche perché guardando ancora più indietro ci si affaccia sul film omonimo di Garrone (2008) e, naturalmente, sul romanzo di Saviano del 2006 da cui tutto è scaturito, compreso – in primis – il successo dello scrittore napoletano. L’immortale è un film cupo e teso che mescola azione e sentimenti forti, nel segno degli standard televisivi ma con una dignitosissima confezione cinematografica; la sceneggiatura è firmata dal regista (e protagonista, naturalmente) insieme a Maddalena Ravagli, Francesco Ghiaccio e Leonardo Fasoli. Altri interpreti: Salvatore D’Onofrio, Nello Mascia, Aleksey Guskov, Marianna Robustelli e Gennaro Di Colandrea. Il senso di già visto è purtroppo inevitabile. 3,5/10.

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