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Un giorno di pioggia a New York

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su Un giorno di pioggia a New York

di George Smiley
6 stelle

Un Woody Allen in tono minore: il tocco del maestro c'è ma si sente meno che in passato. Forse gioverebbe cambiare registro?

Con "Un giorno di pioggia a New York", la cui uscita è stata preceduta da uno stuolo di polemiche inutili e tendenziose oltre che pregne di americanissima ipocrisia sul passato del regista, Woody Allen torna a parlare della sua New York attraverso gli occhi di due studenti universitari americani di buona famiglia, Gatsby e Ashleigh (Timothée Chalamet ed Elle Fanning), e i loro incontri nel corso di una piovosa giornata di vacanza nella Grande Mela. Coadiuvato dalla sempre suggestiva fotografia di Vittorio Storaro, il regista americano (mai amato dagli americani stessi a differenza degli europei) sdoppia la narrazione sui diversi binari presi dai due giovani nel corso della loro toccata e fuga newyorkese, l'uno malinconicamente a zonzo mentre si confronta col suo passato e si interroga sul suo futuro, l'altra presa in un vortice di conoscenze altolocate e di inebriante vita mondana. Nonostante la solita maestria dietro la macchina da presa, il risultato finale questa volta non si distacca da una sufficienza tonda: "Un giorno di pioggia a New York" non aggiunge nulla alla amplissima filmografia di Allen, la trama e le idee girano intorno al solito canovaccio del protagonista dal fascino retrò, del romanticismo velato di nostalgia e della lotta contro il senso di inadeguatezza e le insicurezze esistenziali. In questo caso la scelta del nuovo volto di Hollywood Chalamet come mattatore, se da un lato cerca di svecchiare il target di riferimento e di aggiornare alle nuove generazioni le tematiche tanto care a Woody, non è particolarmente convincente. Il giovane talento in rampa di lancio è bravino, ma manca di carisma e soprattutto della vis comica adatta a tradurre in risata le (questa volta poche) battute del copione. Va un po' meglio con Elle Fanning, la quale tuttavia rimane intrappolata nel ruolo della classica oca giuliva. La sceneggiatura non ha la brillantezza delle commedie migliori del regista e neanche lo scavo psicologico di film come "Blue Jasmine" o "La ruota delle meraviglie", ma neanche il leggero disincanto e l'ironia di "Café Society". Si rimane comunque su un livello complessivo accettabile, specialmente quando vengono prese in giro la superficialità e l'omologazione della upper class americana e gli atteggiamenti da eterni adolescenti di certi rappresentanti della élite intellettuale e cinematografica (Liev Schreiber, Jude Law e Diego Luna interpretano personaggi abbastanza ridicoli e biasimabili, nonostante la loro influenza e il loro successo). Se il protagonista non fa una grande figura ma ha un parziale riscatto e una presa di coscienza nel finale, le figure più riuscite sono quelle di sua madre (una ottima Cherry Jones) e della sorella di una sua ex fiamma adolescenziale, Shannon (una discreta Selena Gomez), la prima portatrice di una grande profondità precedentemente nascosta e la seconda simpatica, ironica e più matura dell'insicuro Gatsby. Un film quindi non imperdibile ma neanche da buttare, con qualche spunto capace di interessare lo spettatore senza tuttavia appassionarlo più di tanto.

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