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Il sindaco del rione Sanità

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Il sindaco del rione Sanità

di maghella
8 stelle

 

Antonio Barracano è il boss del quartiere La Sanità di Napoli. In villeggiatura nella sua casa sulle pendici del Vesuvio, sta riposando le poche ore di sonno che riesce a consumare nelle ore centrali della notte. Ma una casa di un boss come Barracano non "dorme mai", non può permettersi di chiudere i battenti e abbassare la guardia. Proprio durante la notte, infatti, 2 delinquentelli sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, pensano bene di trovare rifugio a casa Barracano per estrarre una pallottola che uno aveva sparato all'altro durante una lite per futili motivi, cominciata all'esterno di un locale notturno. Il "dottore", che vive da anni con Barracano, facendo le sue veci in sua assenza, opera d'urgenza sul tavolo del salotto il giovane. Ma a turbare il dottore, più che l'imprevista operazione, sono le sorti di Armida, adorata moglie del boss, che solo poche ore prima era stata morsa dal cane da guardia: Malavita. Una notte agitata per Antonio Barracano,  ma mai quanto il giorno che la seguirà.

Comincia così il nuovo film di Mario Martone, tratto dell'omonima commedia di Eduardo de Filippo,  "Il sindaco del rione Sanità", un incipit che sulla carta pare non avere differenze con l'originale lavoro teatrale di Eduardo, ma che invece è fin dalla prima immagine che si scopre completamente rivoluzionario. I 2 giovani che si litigano, ad esempio, sono evidentemente dei cocainomani, che non si rendono nemmeno conto della gravità dei loro gesti e della aggressività repressa che esplode improvvisa facendogli commettere l'irreparabile. La gioventù che cerca riparo e protezione dal loro boss è completamente cambiata da quella raccontata nella commedia di Eduardo, eppure è sempre la stessa (pare insistere a dirci Martone): impaurita, irragionevole e allo sbando, in cerca di punti di riferimento che trovano solamente nel loro boss di quartiere, dal quale sono pronti a ricevere protezione e consigli, sì, ma pure le punizioni perché sanno essere giuste.

Ma la vera rivoluzione del testo originale la vediamo subito quando entra in scena Antonio Barracano. Il boss è un uomo che non arriva ai quarant'anni, dall'abbigliamento eccentrico,  l'atteggiamento un poco sulle righe, niente a che vedere con il Barracano di eduardiana memoria, duro sì, ma dai modi paternali e dalla saggezza dovuta all'esperienza di vita. Il rispetto di cui gode il Barracano Martoniano è di quelli conquistati sulla strada, pezzo per pezzo e velocemente. Oggi un boss napoletano non arriva a settant'anni,  sarebbe quasi un disonore per i codici d'onore moderni. A quarant'anni o si è morti ammazzati o in galera a scontare una pena. Antonio Barracano è perciò più giovane, più sbruffone e forse anche più violento, ma non meno saggio di quello originale. Il film cerca perciò un linguaggio più moderno utilizzando comunque il testo teatrale. I personaggi hanno età e gestualità differenti ma gli identici problemi di sessant'anni prima. Barracano modera, comanda, dispone l'ordine  nel suo territorio come un giudice in un tribunale che ha per pareti il Vesuvio da una parte e il mare dall'altra. Questi sono i confini che conosce Barracano,  questo il regno che lui comanda con la legge per gli ignoranti, per quelli che non saprebbero vivere in altro luogo.

I 3 atti nel film hanno come sipario gli esterni del rione, mentre (come in teatro) sono gli interni delle 2 case (quella sul Vesuvio e quella alla Sanità) a racchiudere le vicende di cui si deve preoccupare il boss.

Martone racconta che si è ispirato molto al cinema di Hitchcock per girare negli stretti spazi dei 2 set della casa. Il senso claustrofobico dello spazio coabitato dai molti interpreti che lo occupano, rappresentano in qualche modo l'affollamento di una città stressata nella quale diventa sempre più difficile  abitare senza scontrarsi. Nei luoghi angusti diventa difficile gestire i rapporti già tesi, per questo la personalità del boss si rende indispensabile per una convivenza pacifica. Barracano è consapevole di tutto ciò,  di essere  colui in grado di mantenere un equilibrio fragile ma non impossibile.

Martone però sceglie un finale differente dall'originale commedia, punta molto sulla speranza e sullo spirito di sacrificio di Barracano, sulla voglia di vedere una città priva di faide e più sicura per i suoi figli. Eliminato il monologo finale di Eduardo, Martone sceglie per il suo protagonista la morte sacrificale, quasi purificatoria, per il quartiere.

È frequente vedere le numerose commedie di Eduardo trasportate sul grande schermo, molti nomi illustri lo hanno fatto con successo. Solitamente però il risultato era un film che ricordava la rappresentazione teatrale, questo di Martone ha una sua personalità ben definita, riesce a liberarsi dalla struttura teatrale e a modellare un nuovo stile. Il cast è di quelli che fanno gridare al miracolo e che fanno venire la voglia di tornare a comprare un biglietto per il teatro e subito dopo per il cinema. Gli attori infatti sono  collaudati dalle tante  rappresentazioni precedenti di stagioni teatrali di successo. Francesco di Leva è un bravissimo Antonio Barracano, che svela in conferenza stampa della 76° Mostra di Venezia dove il film è in concorso, di come il regista utilizzi uno strano "volume" per modellare il livello di recitazione: "più Cassavetes,  meno Merola....ecco ora invece fallo più Merola". Un volume che ha dato ottimi risultati.

 

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