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Pegasus

Regia di Han Han vedi scheda film

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La recensione su Pegasus

di supadany
5 stelle

Far East Film Festival 21 – Udine.

La rinascita dalle proprie ceneri, come la mitologica fenice insegna, e il ritorno del figliol prodigo distruttosi anzitempo con le sue stesse mani, sono tracce narrative che non finiscono mai fuori moda, facilmente adattabili a qualsiasi tipo di scenario.

Nel caso di Pegasus, siamo della parti del pretesto adoperato per allestire un banchetto popolare, che stuzzichi il palato del pubblico alla ricerca di evasione, smanioso di staccare la spina per novanta minuti o poco più.

Sono trascorsi cinque anni da quando la carriera di Zheng Chi (Shen Teng) è andata in frantumi. Era un campione di rally, ora è il padre di un bambino e tira a campare, attendendo il momento del fatidico rientro in gara. Quando la sua squalifica cessa, deve ripartire da zero, ricomporre un team e scovare gli sponsor che gli consentano di tornare a competere nella più popolare gara di tutta la Cina, programmata nel deserto di Bayanbulak.

In questa occasione, tenterà di riconquistare lo scettro del campione indiscusso, nel frattempo finito saldamente tra le mani di Lin Zhengdong (Huang Jingyu), il suo storico rivale.

scena

Pegasus (2019): scena

 

Due anni dopo Duckweed, Han Han torna a dirigere un film di grandissimo successo in patria (Cina, ndr), riprendendo in mano taluni aspetti per fornire un intrattenimento eterogeneo.

Dunque, ritorna la passione per i rally, abbiamo nuovamente un legame tra padre e figlio, oltre a un percorso del personaggio angolare, impegnato a recuperare il tempo perduto facendo buon viso a cattivo gioco.

Comunque sia, in un prodotto del genere il canovaccio conta solo per come impasta le singole sequenze, mentre discettare sulla valenza della panoramica totale è un esercizio sterile. Di fatto, Han Han sceglie principalmente la comicità demenziale e l’adrenalina delle corse, il resto capita in mezzo quasi per caso.

Nel primo caso, giungono gli effetti migliori, elargiti in grande quantità nella prima parte per poi diminuire la consistenza fino a mettersi da parte per lasciare campo aperto alla grande gara, ripresa con seriosità (conclusione a parte, quando supera i limiti della comprensione umana), puntando sulla bellezza del territorio e sul rischio di un’impresa accessibile solamente a chi non teme il pericolo e mira alla gloria.

Dopo parecchie sciabolate demenziali, di fronte alle quali è impossibile rimanere neutri, una svolta così brusca lascia esterrefatti e percepirne l’epica del campione è tutt’altro che scontato.

D’altro canto, tra imprevisti inseriti giustappunto per allungare il brodo, deviazioni e coincidenze, la scialuppa di salvataggio appartiene esclusivamente alla valvola di sfogo della comicità più sfrenata, mentre le altre sviolinate servono esclusivamente per completare un’organizzazione elementare, che vuole di tutto un po’ senza fasciarsi la testa nella ricerca delle finiture ideali.                            

Divertente a tratti, esuberante sempre.

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