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Un Re a New York

Regia di Charles Chaplin vedi scheda film

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La recensione su Un Re a New York

di tafo
8 stelle

L'ultimo film recitato da Charles Chaplin è sicuramente un'amara riflessione sugli Stati Uniti, su quelle esagerazioni che lo hanno trasformato in qualcosa che il regista non capisce più e che nei fatti lo costringeranno a lasciare il paese. E' difficile per un uomo che è stato l'icona più famosa di un paese, accettarne non solo le derive politiche ma anche la nuova musica e il nuovo cinema senza sentirsi spaesato. Rivisto oggi questo film appare come un nuovo tempi moderni dove, al netto del moralismo, se costruisci una scena dove reciti l'Amleto tra due consigli per gli acquisti vuol dire che hai capito tutto. Vent'anni dopo il centro del sistema si sta spostando furoi dalla fabbrica, l'operaio deve trasformarsi in un consumatore televisivo. La pubblicità diventa onnipresente , mente e corpo possono essere manipolate continuamente e la privacy diventa un concetto labile in un decennio scosso dalle tensioni atomiche e da una caccia alle streghe comuniste che non risparmia nessuno. Il regista però non affonda mai il colpo decisivo risolve tutto o quasi con la comicità che smonta tutte le situazioni. Il suo oltraggio al congresso è il frutto della sua maldestrezza o della sua eccessiva fiducia verso un monello aggiornato che  con le sue idee poco conformi alla massa, non potrà che far fallire i piani atomici del sovrano che però mantiene la sua capacità di capire chi ha sofferto e continua a soffrire per motivi che non potrà mai approvare. Chaplin è convinto che questo passerà, che l'uomo è sempre meglio di qualsiasi ideologia e spera quindi che tutte queste esagerazioni vengano meno anche se poi sarà sempre più difficile per lui capire il fermento del decennio successivo. Il regista è talmente amareggiato dall'esilio forzato da non voler infierire su un paese che lo ha reso grande ma anche lui è riuscito a esportare nel mondo come pochissimi altri hanno fatto. Un opera malinconica di un uomo che per la prima volta si sentiva straniero nel paese che lo aveva adottato.

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