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Corpus Christi

Regia di Jan Komasa vedi scheda film

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La recensione su Corpus Christi

di maurizio73
7 stelle

Duplice e contraddittorio è il ruolo di questo novello (povero) cristo peccatore alla ricerca di una stabilità sociale che sfrutta con disinvoltura la credulità popolare ma che ha il coraggio di accentrare su di sé le pericolose responsabilità di chi fa dell'espiazione e della riconciliazione la sua consapevole missione evangelica.

Fingendosi un novizio appena uscito dal seminario, il giovane Daniel si sottrae ai servizi sociali cui è assegnato finendo per sostituire l'anziano parroco di un remoto villaggio di provincia. La sua irrituale e trascinante oratoria liturgica ed un grave lutto che ha colpito gli abitanti del luogo gli garantiranno un inaspettato seguito di fedeli. Il suo passato turbolento però, non tarderà a chiedergli il conto.

 

locandina

Corpus Christi (2019): locandina

 

Ecco l'agnello che nessuno lo può salvare

 

Chi non ha peccato scagli la prima pietra è il motto evangelico che ben si addice a questa parabola cristologica di colpa e redenzione del 39 enne autore polacco Jan Komasa che si addentra nelle contraddizioni sociali e morali di una nazione a forte vocazione cattolica che ha attraversato tutte le temperie di una storia di invasioni e sopraffazioni, fatta di colpevoli pogrom intestini e di tempeste imperialiste che soffiavano tanto ovest che da est. Le stesse contraddizioni che si porta dietro il giovane Daniel, corpo tatuato di delinquente patentato e viso d'angelo da prete bello che incarna nella sua conturbante ambiguità l'istintiva propensione alla dissolutezza (uccide, fuma, si sballa, fornica) e la naturale vocazione alla santità di chi sa comprendere (e chi più di lui?) le lacerazioni morali del suo popolo, intraprendendo con coraggio la sua umanissima lotta al potere (istituzionale, locale, popolare) ed accettando quindi di pagarne le terribili conseguenze di una inevitabile tenzone mortale. Sulla falsariga di un racconto di cronaca che ci parla delle ambizioni di una gioventù allo sbando in cui la posizione sociale del prelato può garantire una stabilità economica difficilmente raggiungibile, Komasa eleva il discorso al rango di racconto morale nella parabola di un outsider (come il suo illustre predecessore di un paio di millenni prima) che sfrutta i sottili meccanismi retorici del carisma religioso, tanto per mitigare una naturale diffidenza verso il foresto quanto per scardinare le resistenze di una comunità chiusa che trova nel consueto rituale del Pharmakos il più facile dei meccanismi con cui cementare la propria unità contro le forze centrifughe e destabilizzanti di un evento luttuoso. Duplice e contraddittorio (perfettamenete in linea con il personaggio e con la coerenza morale di una storia che mantiene l'astrazione nel solco della credibilità e del realismo) è quindi il ruolo di questo novello (povero) cristo peccatore alla ricerca di una stabilità sociale che sfrutta con disinvoltura la credulità popolare ma che ha il coraggio di accentrare su di sé le pericolose responsabilità di chi fa dell'espiazione e della riconciliazione la sua consapevole missione evangelica. Tra un sindaco-Pilato ed un ex compagno di riformatorio-Giuda, non manca neppure la giovane parrocchiana-Maddalena che gli si concede senza remore, nel delineare un percorso allegorico in cui le prove morali che attendono il Nostro non possono che condurlo al cruento destino di una crudele crocefissione cui sopravvivere con la faccia insanguinata e gli occhi spiritati di chi ha sfiorato la santità.
Presentato alla 76ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia ed al 44º Toronto International Film Festival e nominato come miglior film internazionale alla 92ª edizione degli Academy Awards, ha sbancato ai Polskie Nagrody Filmowe (11 premi su 15 nomination) e ricevuto ben sette nomination ,ma senza premi, agli European Film Awards 2020.

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