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L'età inquieta

Regia di Bruno Dumont vedi scheda film

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La recensione su L'età inquieta

di giuvax
8 stelle

Una donna guarda in televisione un bambino africano lontano e malato, molto probabilmente morente, e ha gli occhi lucidi.
Poi si allontana per andare a seguire con lo sguardo, accanto alla finestra, il ritorno del (supponiamo) figlio, che rientra in motorino e all'ultimo istante, prima di accostarsi al marciapiede, cade rovesciandosi sulla strada. La stessa donna che prima empatizzava con il ragazzo malato ora quasi ride e comunque scuote la testa in segno di disapprovazione.
Nessuna parola, nessuna spiegazione. Solo cinema.
Sono solo alle prime scene ma ho già capito come parla Dumont e già so che mi piacerà.
Poi il ragazzo va a trovare Cloclo, un amico che sta morendo in ospedale. La domanda che attraversa la testa dello spettatore è Cosa si può fare per una persona a cui si vuol bene che è in fin di vita? Niente, già. A parte esserci. Vorrei piangere, ma mi si appannerebbe la vista e finirei col dover sospendere il film, non riuscirei a seguire il francese supportato solo da sottotitoli inglesi.
Vorrei piangere, ma sarebbe inutile, perché le mie emozioni sembrano più violente delle loro. "Loro" sono il gruppo di amici, che in realtà è una specie di banda, di cui il biondo con cui abbiamo iniziato il film fa parte.
Non c'è emozione in lui, né quando si arrabbia, né quando parla con la madre o con gli amici, nemmeno quando suona nella banda del paese, piange per Cloclo o scopa con Marie, la sua ragazza. E ho usato il termine giusto, di fare l'amore non se ne parla neanche, giacché nemmeno quando, su esplicita richiesta, risponde alla ragazza dicendole che l'ama, nemmeno allora sembra provare più emozione di noi spettatori.
Non c'è emozione nemmeno nella violenza e non c'è eccesso o brivido nel suo sfogo. Manca qualcosa, manca una direzione, manca l'ago della bilancia su cui basarsi per regolare l'intensità, positiva o negativa che sia, delle azioni. E non importa quali azioni vediamo, perché l'emozione, o una reazione, vengono lasciate fuori dalla narrazione. Verosimilmente dopo, vista la potenza si potrebbe dire creativa degli eventi che accadranno.
Ma il "durante" è sospeso. Il nostro "durante" è come una specie di preparazione. Come la musica non propriamente stonata ma comunque inascoltabile che si sente nell'arco del film e che accompagna i titoli di coda.
Come dire non ora, non qui. Ma si spera dopo.

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