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1917

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

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La recensione su 1917

di Antisistema
5 stelle

Come si suol dire, chi nasce tondo non può morire quadrato, Sam Mendes conferma il detto continuando a rivelarsi uno dei più grandi malintesi della critica cinematografica degli ultimi 20 anni, la quale esalta pellicole tutto sommato discrete se non addirittura modeste o mediocri, le quali però sin dall'osannato quanto sopravvalutato esordio con American Beauty (1999), ottengono riconoscimenti se non premi importanti come i due oscar per miglior film e regia assegnati a quest'ultimo.
Che Mendes non abbia molto da dire o comunque lo dica in modo banale, lo si era già capito sin da subito (vedere la busta di carta sempre in American Beauty), ed i suoi film successivi non hanno fatto altro che confermare il tutto riuscendo ad elevare sopra la media solo Revolutionary Road (2008), che infatti fu un flop ai botteghini, dimostrandosi per il resto solo pellicole sorrette dalle ottime fotografie di grandi collaboratori come Conrad Hall e successivamente Roger Deakins, i quali possiamo anche dirlo hanno contribuito a "falsare" l'effettiva abilità visiva del regista che senza questi due fenomeni varrebbe ancor meno di quel che appare a molti.
Con questo 1917 si è fatto un gran parlare, specie per via del fatto che il film è girato con un falso piano sequenza dalla durata di poco meno di due ore; che segua la moda o meno poco mi importa, sono abituato a tale tecnica con registi come Welles, Hitchcock, De Palma o Tarr, nonché a prove tecniche di grande portata come un unico piano sequenza effettivo come in capolavori come Arca Russa di Sukurov (2002) o l'ottimo Victoria di Sebastian Schipper (2015), quindi tale stile non mi fa gridare a priori al capolavoro come mezzo mondo cinefilo che crede che il piano sequenza sia un'invenzione del duo messicano Cuaron-Inarritu con Gravity (2013) o Birdman (2014), quest'ultimo altrettanto sopravvalutato.
C'è da chiedersi se un piano sequenza sia in modo automatico prova di grande regia e sopratutto se alla fine tale scelta radicale non finisca con il limitare il film.
Con 1917 si è innanzi ad una scelta radicale per partito preso più che per effettiva necessità, se in effetti il flusso di continuità s'innesta con la scenografia delle trincee del fronte francese tipiche della Prima Guerra Mondiale, dove si cammina accovacciati e bisogna fare estrema attenzione agli spazi nei la fiumana del flusso dei soldati si muove come formiche nel lor nido, seguendo precise regole e consuetudini; nel resto della pellicola, specie negli spazi aperti, tale tecnica si mostra più uno svantaggio che un'utilità, arrivando a diventare mero esercizio di stile.

 

George MacKay

1917 (2019): George MacKay


Mendes dice che è un progetto personale, tanto da dedicare nei titoli di coda il film a suo nonno caporale che ha raccontato molte storie sul conflitto, tanto che il regista per la prima volta nella sua carriera decide di firmare anche la sceneggiatura. Come spesso accade con il cinema del regista inglese, se il suo stile si può discutere, sulla sostanza il suo cinema crolla perché poggiato su pilastri di cartapesta che non reggono il peso dell'impalcatura delle ambizioni di Sam Mendes. In fondo 1917 in meno di 2 ore vuole narrare la storia di due caporali William Schofield (George McKay) e Tom Blake (Dean-Charles Chapman), i quali devono consegnare un messaggio contenente l'ordine di fermare l'attacco del colonnello Mackenzie contro le postazioni tedesche il giorno successivo 7 Aprile 1917, poiché l'offensiva finirebbe in un bagno di sangue visto che è una trappola ordita dall'esercito tedesco.
Un soggetto stringatissimo che Sam Medes con sommo tedio per lo spettatore mastica e rimastica di continuo sino a stiracchiarlo alla durata di poco meno di due ore, senza che vi sia nulla di interessante alla base, nonché nessun tema chiaramente percepibile dietro questa missione rischiosa. 
Come primo buco di sceneggiatura molto grande, non si comprende come mai non s'invii un aereo con il messaggio, che avrebbe assicurato certamente la riuscita della missione data l'inesistenza di qualsiasi contraerea nemica visto che i tedeschi si erano ritirati di 15 km, invece di rischiare con una missione suicida la vita di due uomini senza neanche la certezza di recapitare l'ordine viste le numerose peripezie che si dovranno affrontare che mano a mano diventano sempre più inverosimili ed improbabili, tanto da rompere la sospensione dell'incredulità e avvicinare il film ad una narrazione da videogame visto che in tre o quattro frangenti i meccanismo narrativo-stilistici si rifanno ad essi. 
Al regista non interessa far coincidere il tempo della narrazione con quello della storia, non sta lì quindi la ragione del piano sequenza, ma dovrebbe risiedere nella transizione e mutamento degli spazi, si comincia con un insolito prato verde dove i due protagonisti all'inizio del film riposano, poi poi passare alla trincea, proseguendo nella terra di nessuno, continuare tra vari paesaggi devastati dal conflitto bellico sino al punto di arrivo che si chiude per lo meno con una discreta intuizione circolare, ma il gioco non vale la candela in tutta onestà. 

 

George MacKay

1917 (2019): George MacKay


Il piano sequenza di Mendes si tiene costantemente incollato alle "chiappe" e alle figure dei due caporali, individualizzando all'eccesso un conflitto bellico di portata gigantesca, nulla di male se lo stile fosse sorretto da idee solide, ed invece la sostanza vale ben poco, con chiacchiere abbastanza inconsistenti di storielle francamente insignificanti che Blake racconta ad un paranoico Schofield e che per di più cozzano anche con la costruzione del realismo, poiché in una missione ad alto rischio con dei tedeschi che non sono di certo lontani (lo affermano anche i due protagonisti), mettersi a parlare equivale a farsi scoprire ed ammazzare, ma ovviamente Sam Mendes gestisce la Prima Guerra Mondiale a sua comodità, quindi questo rischio non lo corrono mai. 
Lo stile quindi sorpassa a destra la sostanza diventando maniera e divorandosi la sostanza, diventando mero esibizionismo atto a sfogliare le doti del regista e nel corso della narrazione questo alla distanza non può che generare momenti di stanca o compromessi di messa in scena che danneggiano un film che in tutta sincerità non può permettersi così tanti momenti sostenuti (se non in un paio di occasioni), dato che, tranne nell'eccellente parte iniziale della sequenza notturna tra le rovine e la sequenza del fiume sospesa tra cedimento e un toccante momento "onirico-contemplativo" che riporta lo spettatore nell'inferno dei morti, pure Roger Deakins con la sua fotografia risulta abbastanza trattenuto, oserei dire anche standard nella scelta estetica del grigio smorto nella maggior parte dei paesaggi che Blake e Schofield attraversano. 
La Grande Guerra è un argomento poco raccontato al cinema, anche perché più lontana nel tempo, meno distruttiva rispetto alla seconda e siccome molti film di guerra sono di produzione americana o rivolti principalmente a loro, essendo tale conflitto meno sentito da costoro a livello patriotico, risulta potenzialmente più interessante ed originale, eppure tranne l'inizio e la fine potremmo essere spettatori di qualunque altri conflitto bellico visto che non si riscontrano caratteri di unicità rispetto ad un normale film sulla Seconda Guerra Mondiale, con scelte narrative tra l'altro anche abbastanza infelici come il soliti tedeschi viscidi e cattivi (con mira di merda  anche a 3-4 metri dal bersaglio naturalmente), come se per l'appunto fossero assimilabili ai nazisti in toto, quando durante il primo conflitto mondiale la Germania è solo co-responsabile della carneficina e non fu di certo l'artefice principale o l'unica responsabile di tutto; possiamo azzardare che la Francia e la Gran Bretagna con la loro politica di predominio a tutti i costi, abbiano cercato la guerra a tutti i costi con l'Impero Tedesco, ma questo a Sam Mendes frega zero, il caro vecchio impero britannico è sempre nel giusto e nessuna critica viene rivolta al suo paese che è fatto sempre di bravi e coscienziosi ragazzi (vedere la gestione di Blake abbastanza irritante nella sua soluzione), mentre il nemico è infame. 

 

George MacKay

1917 (2019): George MacKay


In effetti il grande difetto di questo mediocre film, è la sovrabbondanza di cliché che lo caratterizza nel corso della narrazione, non solo per la questione sulla trattazione imbarazzante dei tedeschi (sempre ingrati con coloro che gli salvano la vita), ma anche per l'abuso di situazioni viste e riviste in molteplici film bellici come la donna civile francese nei sotterranei delle rovine che tra l'altro è un pezzo della narrazione che si sviluppa e finisce proprio come un videogioco bellico e a livello narrativo non serve assolutamente a nulla, poiché non ha alcuna conseguenza per il prosieguo del film, meglio si... serve a far passare velocemente la notte e giungere all'alba, questo sempre perché come ho detto sopra Mendes con questa scelta si pone dei limiti che alla lunga causano più danno che vantaggi. 
Carente nella sostanza, lo stile diventa maniera arrivando anche ad essere prevedibile nei rapporti di causa ed effetto come quando prolungatamente l'inquadratura si discosta dai due protagonisti per soffermarsi su un combattimento tra aerei; al cinema ho scommesso il mio materasso che naturalmente sarebbe successo qualcosa dagli esiti disastrosi e puntualmente accade quel che avevo previsto, ma di sequenze così il film ne è pieno, risultando incapace di generare la suspance o l'inizio imprevedibile di accadimenti pericolosi con l'uso del fuori campo, sicuramente più sensato e realistico in una situazione del genere. Due sequenze ottime ed una buona intuizione nel finale, non sono di certo sufficienti per un film che partiva con ben altre ambizioni dichiarate dal regista sin da subito con il piano sequenza che in fin dei conti diventa una mera spacconata alla distanza, poiché l'insieme è carente anche di idee tematiche; a Mendes interessa la corsa contro il tempo? Se ne parla, eppure tranne nella parte finale in trincea tale tema non trova riscontro a livello stilistico, anche perché la narrazione non essendo in tempo reale l'assunto teorico crolla e non viene supportato dallo stile come nel recente capolavoro assoluto di Dunkirk di Christopher Nolan (2017), anche l'altro macro-tema della sopravvivenza, affiora qua e là, ma non solo Blake e sopratutto Schofield non ha nessun pensiero filosofico-sistematico alla base di ciò, ma il film finisce con il farlo risultare sempre più macchinoso e "videoludico" nello sviluppo, affastellando nella seconda parte del film una serie di situazioni francamente esagerate con tanto di tuffo finale nel fiume uscito pari pari da un videogioco. 
10 nomination agli oscar per questo film accademico ed ammuffito, perfetto esempio di cinema "zombie" all'ennesima potenza (chiedo in effetti scusa ad Irishman e C'era una Volta ad Hollywood, per aver usato tale termine con loro), sono quindi del tutto esagerate ed ingiustificate, se qualcuno può cascare nel piano sequenza, resta senza spiegazioni la nomina come miglior sceneggiatura che sicuramente è l'elemento meno riuscito della pellicola. Con la vittoria ai Golden Globe, questo regista da sempre sopravvalutato rischia di vincere il suo secondo oscar in doppietta come miglior regia e miglior film essendo a tutti gli effetti il favorito a questo punto, faccio un appello a che ciò non avvenga, se non volete premiare Bong-Joon Ho che lo meriterebbe tutta la vita per Parasite ma ha lo svantaggio di essere straniero, almeno lo diano a Scorsese o Tarantino che lo meritano molto di più ed autori di film immensamente superiori e non si macchino nuovamente di infamia premiando un film molto furbo nell'impostazione e che rivela la sua natura di prodotto costruito a tavolino per vincere quanto più premi possibili e che non rende di certo onore a pellicole sulla prima guerra mondiale con capolavori come Orizzonti di Gloria di Stanley Kubrick (1957) o Per il Re e la Patria di Joseph Losey (1964), al cui paragone artistico sfigura non poco, non riuscendo neanche ad essere un onesto intrattenimento data la presunzione alla base e la scarsa originalità del tutto appestata tra l'altro da numerosi cliché. 

 

George MacKay, Dean-Charles Chapman

1917 (2019): George MacKay, Dean-Charles Chapman

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