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Come le foglie al vento

Regia di Douglas Sirk vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Come le foglie al vento

di FABIO1971
10 stelle

It is written on the wind
a faithless lover's kiss is written on the wind
a night of stolen bliss is written on the wind
just like the tide leaves
our dreams we've calmly thrown away
now they've flown away
softly flown away.
The promises we made are whispers in the breeze
they echo and they fade just like our memories
though you are gone from me
we never can really be apart
what's written on the wind
is written in my heart.
It is written on the wind.

[The Four Aces - Written on the Wind - testo: Sammy Cahn, musica: Victor Young]

Uno dei più folgoranti capolavori di Hans Detlef Sierck, alias Douglas Sirk, tedesco di Amburgo fuggito a Hollywood all'avvento del nazismo (la prima moglie, fervente hitleriana, lo aveva denunciato), idolatrato da Fassbinder e Godard (ma la protagonista Lauren Bacall dichiarò, ingiustamente e controcorrente, che chi affermava che fosse un grande film non aveva "sale in zucca", mentre suo marito, tale Humphrey Bogart, disgustato dalla pellicola, le consigliò di non avventurarsi mai più in un'impresa del genere...) e divenuto oggetto di culto per intere generazioni di cinefili. Adattato dal fidato sceneggiatore George Zuckerman dall'omonimo romanzo di Robert Wilder (autore anche di Flamingo Road, testo che ispirerà l'omonimo serial anni Ottanta), Come le foglie al vento anticipa ogni soap opera a venire (i petrolieri texani di Dallas ricordano qualcosa?) nel suo delirante ed irresistibile tripudio di melodramma ribollente di passioni, kitsch fiammeggiante e primordiale (e devastante) carica erotica, con personaggi talmente sopra le righe da ergersi a stilema di ogni lussureggiante (e lussurioso) melò passato e futuro, dal Robert Stack alcolizzato, impotente e donnaiolo alla Dorothy Malone (premio Oscar come miglior attrice non protagonista) ninfomane, schiava del disincanto e, anche lei, della bottiglia. Lo stile e l'ispirazione sfrenati con cui Sirk dipinge (servito magnificamente dall'iperrealismo cromatico della sontuosa fotografia di Russell Metty, che ne traduce le evoluzioni drammaturgiche con scintillante smalto visivo) il suo torbido affresco di amore e morte si nutrono di eccessi e simboli, lasciano divampare sullo schermo le fiamme dei tormenti umani, esplodono in un finale che si annuncia devastante e poi scarta invece, improvvisamente e magistralmente, in una consolatoria ma tutt'altro che pacificante giustizia. Ma c'è anche molto altro: c'è, ad esempio, la famiglia, istituzione su cui Sirk sparge i semi del malessere trasfigurandovi le cause di ogni nevrosi moderna, c'è l'inadeguatezza emotiva dei ricchi a contraltare l'onestà caratteriale dei poveri, c'è l'amicizia (quella vera che nasce ai tempi dell'infanzia, come tra Rock Hudson e Robert Stack) e le trappole che ne minano la solidità, c'è il potere dell'istintività e del pregiudizio a governare le dinamiche delle passioni umane. Ci sono i veleni e le scorie dell'invidia a distruggere i sogni di un'intera esistenza, c'è l'immoralità e l'autodistruzione, la purezza e la gelosia. E, naturalmente, c'è l'amore, quello vero e grondante disperazione, che, come recitano i versi dello splendido brano dei Four Aces composto per il film, "anche se sei andata via non saremo mai lontani" (e che il Truffaut di La signora della porta accanto trasformerà in "nè con te, nè senza di te"). Ma c'è anche l'amore figlio delle coscienze traviate, magari (come quello che prova Dorothy Malone per Rock Hudson) nato da quelle suggestioni giovanili che il disprezzo per se stessi a cui spesso conduce la ricchezza costringe a dimenticare, o a fraintendere, o a non corrispondere. C'è Dorothy Malone che balla in camera sua come un'ossessa mentre il padre muore cadendo dalle scale; c'è, sempre lei, Dorothy Malone, che, quando il fratello Robert Stack minaccia di uccidere uno dei suoi pretendenti con un perentorio "Lo finirò", gli risponde "Solo una bottiglia di whisky sapresti finire"; c'è il bacio rubato di Rock Hudson a Lauren Bacall mentre lei cerca di comunicargli che finalmente è rimasta incinta. E, ancora, la sequenza dei titoli di testa, accompagnata dalla canzone dei Four Aces, con i pozzi petroliferi sullo sfondo del cielo notturno, l'automobile di Robert Stack che piomba all'ingresso della sua villa, le foglie dell'autunno spazzate dal vento, Stack che, ubriaco, scende dalla macchina, schianta la bottiglia su un muro mentre Rock Hudson lo osserva da una finestra, entra dentro casa sotto gli occhi della sorella Dorothy Malone, poi si torna all'esterno, si ascolta il rumore di uno sparo, si vede una figura uscire nuovamente dalla casa e accasciarsi sul vialetto della villa, mentre la macchina da presa sale verso una finestra, entra nella stanza inquadrando Lauren Bacall che cade svenuta e poi si sofferma su un calendario su una scrivania, le cui pagine vengono girate dalle folate del vento, portandoci dal 1956 fino ad un anno prima. Un capolavoro, unico e travolgente, per il cuore di celluloide di ogni cinefilo.

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