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Hammamet

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

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La recensione su Hammamet

di diomede917
6 stelle

Con la figura di Bettino Craxi continua il racconto della Storia dell'Italia degli ultimi 30 anni da parte del cinema italiano.

Se con Il Divo e Loro Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi erano diventati delle maschere dell'assurdo, un po' mefistofeliche e un po' kitch, tipiche della cinematografia di Paolo Sorrentino, Hammamet incarna invece quello spirito di impegno civile che ha caratterizzato la filmografia di Gianni Amelio.

Un cinema semplice, secco ma decisamente sincero fortemente debitore dei Francesco Rosi e degli Elio Petri.

Hammamet è prima di tutto un film politico e non un racconto storico di quegli anni e di quei personaggi che hanno caratterizzato la fine della Prima Repubblica.

Il nome di Bettino Craxi non viene mai nominato, lui è solamente IL PRESIDENTE o al massimo il Caso C.

Hammamet non è un film, è un One Man Show. Ma non come ce lo possiamo immaginare. Pierfrancesco Favino non interpreta magistralmente il Segretario del Psi, è Betttino Craxi che entra e usa a suo piacemento il corpo di Pierfancesco Favino.

E' una specie di possessione che fa esplodere l'ego di un personaggio vanitoso, di potere che amava tantissimo essere al centro dell'attenzione.

Hammamet è un film fortemente simbolico, luoghi e personaggi di contorno sono come tessere di un mosaico che dovrebbero spiegare un personaggio complicato e contraddittorio. Un uomo caratterizzato dalla lettera M: Manigoldo, Malfattore, Maligno e Maledetto.

Il film si apre col congresso del PSI all'ex Ansaldo di Milano, il momento più alto del suo strapotere politico.

Il suo volto giganteggia su un maxischermo a forma di triangolo dove urla il primato di un'Italia quinta potenza mondiale, un primato che sente suo. Un primato confermato dalla conferma a segretario a maggioranza bulgara.

Poi, quasi per incanto, un lunghissimo piano sequenza che segue la corsa di un gruppo di bambini tunisini ci porta alla prigione dorata dove Bettino Craxi si è rinchiuso per fuggire dalla sue responsabilità, dalle sentenze proclamate da una magistratura che lui non riconosce.

Il Craxi l'africano è un gigante dai piedi d'argilla, che si sta incancrenendo come le sue gambe. Che si trascina col suo bastone ma crede ancora di poter comandare come fosse ancora il Presidente del Consiglio della quinta potenza mondiale.

E' un idrovora che fagocita tutto quello che gli passa davanti, il suo rapporto con il cibo è il simbolo del suo decadimento sia fisico che politico

E' un uomo che interagisce con personaggi fittizi che rappresentano l'Italia che fu quando c'era Lui. Il presidente.

Giuseppe Cederna è l'uomo di partito. Colui che si è arricchitto, che si è trovato una bellissima moglie ma che poi è rimasto schiacciato dal suo stesso meccanismo pagando con la vita.

Luca Filippi è Fausto il futuro dell'Italia che ha fame di vendetta ma che rimane plagiato dal fascino del male. E' la telecamera dove Craxi può continuare a fare il suo comizio di difesa vomitando di tutto anche quello che non si dovrebbe dire e sapere.

Claudia Gerini è il simbolo della donna soubrette che deve tutta la sua carriera non tanto al suo talento artistico ma grazie ad altre abilità.

Renato Carpentieri è l'avversario politico con il quale si è affrontato per tanti anni e per tanti anni si è spartito la torta. In Tunisia si spartirà un piatto di spaghetti.

Livia Rossi è Anita, una figlia dal nome Garibaldino. Quel Garibaldi in cui Bettino Craxi si identifica nel suo autoesilio, canticchiando il famoso motivetto della gamba ferita. Una figlia battagliera che lotta per riabilitare il nome di suo padre.

Silvia Cohen è una moglie silente, divoratrice di film melodrammatici americani e consapevole di essere la donna del Presidente nonostante i numerosi tradimenti.

Pierfrancesco Favino è di una bravura devastante come il suo personaggio si divora il film a più riprese e paradossalmente è sia il punto di forza che il punto di debolezza.

Hammamet è un film senza trama, è una metafora di 2 ore sulla tragedia di un uomo ridicolo e di un'Italia allo sbando.

Ben fatto ma senza una sua anima precisa, è un film che manca il colpo del ko proprio alla fine perdendosi nel delirio onirico di una morte di stampo felliniano.

Peccato

Voto 6,5

 

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