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Cannibal Ferox

Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film

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La recensione su Cannibal Ferox

di maghella
7 stelle

 

Gloria (Lorrain De Selle) è una giovane studentessa di antropologia di New York, che sta scrivendo la sua tesi di laurea sul fenomeno del cannibalismo nelle foreste amazzoniche. Per convalidare la sua ipotesi di inesistenza di tale pratica, convince il fratello Rudy (Danilo Mattei) e la sua amica Pat (Zora Kerowa) ad accompagnarla in un viaggio di esplorazione nel cuore della foresta amazzonica, per entrare in contatto con una tribù indigena. Durante la marcia -che si rivela più difficoltosa del previsto- incontrano due giovani ragazzi americani: Mike (John Morghen) e Joe (Walter Luchini). Quest'ultimo è gravemente ferito, i due infatti stanno fuggendo dagli indigeni, che (a detta di Mike) hanno appena ucciso e mangiato il loro compagno di viaggio: un indigeno del posto che aveva deciso di aiutarli nella ricerca di smeraldi. Il gruppo si ritrova così a vagare per la foresta, fino a quando trovano il villaggio degli indigeni completamente deserto, tranne che per alcuni anziani, che paiono a prima vista del tutto inoffensivi. Joe è oramai in fin di vita, e approfittando dell'assenza di Mike e Pat, confessa a Gloria e a Rudy che le cose sono andate ben diversamente dal racconto iniziale di Joe, che in realtà è un cocainomane in fuga da New York perché ricercato dalla polizia e da una banda di criminali a cui aveva rubato la droga che doveva rivendere. La spietatezza di Joe si manifesta ben presto e a farne le spese è una giovane indigena. Da qui l'inizio per un delirio di sangue e morte. Joe è il vero sadico che riesce a tirare fuori il peggio da tutti, un germoglio di male che (ovviamente) gli si ritorcerà contro.

 

Cannibal Ferox è l'ultimo film della trilogia “Cannibal” firmata Umberto Lenzi, trilogia iniziata quasi 10 anni prima con “Il paese del sesso selvaggio”-1972. Seguirà un intervallo lungo quasi una decade prima di arrivare a “Mangiati vivi” del 1980 e poi questo bel “Cannibal Ferox”, nel quale la x finale pare proprio concludere qualsiasi altro discorso. In effetti non si poteva aggiungere altro a questo genere, al quale aveva contribuito qualche mese prima Ruggero Deodato con il suo “Cannibal Holocaust”. Il genere Cannibal aveva trovato terreno fertile in Italia e poi all'estero, sposandosi molto bene con il genere “Horror” degli zombie di Fulci & c. Se gli zombie infatti dovevano mangiare carne umana per continuare a sopravvivere ad una “non-vita”, gli indigeni solitamente si nutrivano di prelibata carne bianca per sopravvivere alla brutale “civiltà”, sempre pronta a sfruttare le ricche risorse della jungla, senza il minimo rispetto per le popolazioni indigene.

Lenzi e Deodato fanno a gara per le scene più cruente: evirazioni, corpi appesi per le parti più impensabili, sbudellamenti, viscere fumanti e vittime impalate vive si susseguono senza sosta e facendomi chiudere gli occhi in più punti. Quello che però rende di livello superiore questo e l'Holocaust di Deodato rispetto ai tanti titoli mediocri che sono seguiti (e preceduti), è la volontà di perseguire un certo tipo di racconto sociale, non permettendo al solo gusto del disgusto di prevalere.

 

Gli indigeni Ferox di Lenzi sono naturalmente mansueti, che imparano a loro spese quanto possa essere malvagio il bianco “civilizzato”. Non c'è empatia verso i ragazzi bianchi, nemmeno per quelli buoni (che avrebbero fatto bene a rimanere a casa), che vedono gli indigeni come “cose” da studiare, ma sempre in maniera superiore, senza un vero rispetto, con un approccio superficiale.

 

Se si supera la prima brutta impressione dovuta ad una recitazione molto mediocre (per non dire pessima), si riesce ad entrare nell'angosciante atmosfera di Cannibal Ferox.

Il villaggio quasi demoniaco, con i resti di un corpo mangiato e impalato al centro tra le capanne.

Il senso di impotenza verso una crudeltà sempre in crescita, prima verso gli animali poi verso le persone. La morte di uno è la sopravvivenza dell'altro, questa è la legge della natura, ma quand'è che il limite viene superato e si arriva al sadismo?

Joe uccide per sadismo e cupidigia, gli indigeni per salvarsi e vendicarsi, per questo le pratiche che adottano assumono quasi un compito di rito di liberazione, e risultano sopportabili se non quasi giustificabili. Tanto che l'unica superstite riuscirà a trovare addirittura la forza di comprendere il gesto di tali orrori. Il bel finale significativo, viene infatti ripreso nel recente “Green Inferno”di Eli Roth.

In questo Cannibal Ferox sono sicuramente 2 le scene da “consigliare” (sempre per gli appassionati, per tutti gli altri è meglio astenersi da simile visione): l'evirazione mostrata in primo piano, senza nessun tipo di sconti per i deboli di stomaco. Umberto Lenzi non scherza e arriva ad un punto di non ritorno con la scena dello scoperchiamento della calotta cranica tramite una sorta di “ghigliottina” ideata ad arte per tale pratica. Inutile dire che il cervello sanguinolento è il dessert per l'intera tribù.

 

Curiosità: sia in Cannibal Ferox che nel precedente “Mangiati vivi”, c'è presente nel cast Robert Kerman (presente anche in Cannibal Holocaust) attore hard di alcuni film porno. Spesso e volentieri porno-horror-azione si mescolavano nelle pellicole italiane, dando poi origini a generi completamente nuovi. In questo caso però Lenzi ha sempre negato di sapere che Kerman fosse anche un attore hard.

 

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