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Il grande Lebowski

Regia di Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Il grande Lebowski

di Decks
10 stelle

Chi è il vero straniero della pellicola? Il narratore dallo stile cowboy o lo scansafatiche Drugo (Dude)?

La risposta non è poi così ovvia, visto che, il meraviglioso personaggio interpretato da Jeff Bridges è simile a quella pigra (aggettivo che li accomuna) palla di fieno che rotola sospinta dal vento: Drugo è un sopravvissuto dei lontani anni 60-70, ancorato a quei dogmi hippy che sostiene apertamente, mentre è sospinto dagli eventi che gli capitano intorno, in una società a lui estranea e completamente fusa. Questo e molto altro è il piccolo gioiello dei Coen, un capolavoro della settima arte.

 

Dobbiamo ringraziare i Coen, non solo per averci fatto godere di questa grottesca commedia, ma per aver dato vita a più di un personaggio, rimasto impresso perennemente nell'immaginario del pubblico, tanto è elevata la loro caratterizzazione.

A iniziare dal già sopracitato Drugo: grazie alla costumista Mary Zophres assume un vestiario composto da pantalonacci corti, magliette hawaiane e ciabatte che mettono in evidenza il suo spirito hippy; non solo lui, ma anche tutti gli altri personaggi sono caratterizzati da un segno distintivo nel proprio vestiario: Walter con i suoi occhiali da sole, Jesus e la sua tuta attillata viola, Jackie Treehorn con la sua camicia rossa e tanti altri.

Non solo dei piccoli segni particolari ma anche la scrittura di simili personaggi conquista il pubblico, il tutto unito alle perfette interpretazioni di un cast che fa (eccome) la differenza: John Goodman fa a gara con Jeff Bridges per bravura; il suo dirompente ed irascibile personaggio è allo stesso tempo comico e simbolo di un America guerrafondaia e violenta, impossibile resistere alle sue parole e ai suoi modi grotteschi; Julianne Moore nel ruolo dell'impassibile donna senza veli e pudore cattura fin da subito in un'alternativa sensualità: quella di un'artista post-moderna incomprensibile ma attraente agli occhi semplici di Drugo; Steve Buscemi sembra plasmato apposta per il ruolo di Donny: imperturbabile ingenuo, secondario per scelta, non per scrittura; infine John Turturro che con il solo uso dell'accento ispanico e dalle movenze da pervertito diventa un personaggio amatissimo e straordinario in pochissimi minuti.

 

Nei lati tecnici è impossibile tralasciare il perfetto uso della cinepresa da parte dei due fratelli: maestri nel mostrare più di una volta primi piani significativi su volti allibiti o oggettistiche quali un taccuino che non nasconde altro, scusate per la franchezza, se non un "cazzo". La macchina da presa si muove con sicurezza e decisione tra le scenografie, con piani sequenze innovativi e mai pedanti, condensando in meno di due ore un ritmo che non perde mai di tono e un pizzico di surrealismo che può solo essere apprezzato. Fenomenale il controllo della macchina da presa, che più di una volta sorprende per le sue soggettive (un esempio è una palla da bowling).

Le musiche di Carter Burwell sono azzeccate: nostalgiche al punto giusto, ci fanno immedesimare e comprendere la morale di Drugo, fedele a quegli anni '60 di rivoluzioni sociali, tutto attraverso brani di Bob Dylan e Creedence Clearwater Revival, che suonano ininterrottamente in quell'auto scassata, alternandosi ogni tanto con sonorità più kafkiane e irreali.

 

Il prodotto a cui hanno dato vita ai Coen non è solo dotato di una comicità sagace e cinica: in mezzo a situazioni ridicole e battute pungenti si nascondono grosse critiche alla società americana, mettendone in dubbio i suoi principi più basilari.

Drugo non è solo (come detto prima) un superstite che rifiuta di farsi fagocitare da una società fasulla, ma anche un uomo venale, per nulla altruista: l'unica preoccupazione che ha è per sè stesso; non cerca la ricchezza, ma quella tranquillità fatta di white russian, acidi e affitti da pagare, alla larga da quegli imprevisti che sconvolgono la sua miserabile vita, che, a dire il vero, assomiglia ben più al padre in stato comatoso di Lenny, che ad un rivoluzionario redivivo.

L'opposto di Drugo non è il reduce Walter, che ancora ragiona come fosse in Vietnam, ma proprio il suo omonimo Lebowski: il ricco uomo d'affari altri non è che un'altra vittima di quegli anni '60, ma al contrario della congrega del bowling, ha scelto di reagire scalando la società, convinto che avrebbe legittimato il suo sforzo e l'handicap della guerra; tutto ciò non lo rende affatto un personaggio perbene: sotto i vestiti eleganti si nasconde un subdolo imprenditore, che ha accolto la filosofia dello squalo affarista, tra recite e inganni, sfrutta i più deboli per i suoi loschi scopi, sentendo forte la sua superiorità d'intelletto contro i cittadini qualunque.

Non a caso, Drugo unirà i suoi scopi (e i suoi sensi) con la figlia Maude, che nel suo essere anticonformista e underground è ciò cui più simile era Drugo nei suoi anni d'oro.

Alla fine i tanti elementi noir posti durante il susseguirsi degli eventi vengono demoliti: scompaiono di fronte a inganni e cospirazioni, rivelando la realtà, quella vera, che al contrario di quanto sembri è meno assurda e incomprensibile di quanto non appaia; insostenibile dallo spettatore, non solo per la sua elementarietà, ma per lo sconvolgente affondo della lama affilata dei Coen in quella società priva di scrupoli, pronta a sacrificare fondazioni umanitarie per proprio egoismo.

 

Con un'originalità inventiva e un'irriverenza unica, i Coen confezionano una commedia irripetibile e sensazionale. Composta da personaggi grotteschi e tecniche superlative, più un'aspra natura comica, non solo risulta esilarante ma possiede anche spunti riflessivi non indifferenti.

Una summa imperdibile del cinema dei Coen ed un cult della commedia nera.

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