Regia di Ari Aster vedi scheda film
Oltre a vantare uno dei prologhi cinematografici più potenti e disturbanti degli ultimi anni, Midsommar colpisce grazie alla fotografia dai colori patinati di Pogorzelski, così grottescamente eterogenea rispetto alla vena orrorifica della pellicola, messa in risalto dall'affascinante occhio registico di Ari Aster. L'autore mette in scena un horror quasi situazionale, riprende i riti di una setta come se si trattasse di vita reale, spingendosi anche oltre il limite del ridicolo ed ironizzando con gli stilemi del genere: il risultato è un film capace di mettere a disagio lo spettatore, sia attraverso scelte visive atte a destabilizzarlo (dai nudi espliciti al gore), sia raccontando il lato oscuro della nostra società.
Messi di fronte alla degenerazione di una vera e propria comune, ad uscire sconfitti sono comunque i rapporti interpersonali dei ragazzi americani, incapaci di comprendere il dolore della loro amica e di soffrirci assieme; la protagonista, a conti fatti, cercava solo un po' di compassione, trovata nelle strazianti urla catartiche donatele dalle adepte della setta.
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